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Ignazio La Russa spernacchia la sinistra: "Sapete qual è stato l'unico 25 aprile piaciuto a tutti?"

Francesco Specchia
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La vera Resistenza oggi è resistere ai resistenti. Striscioni antiamericani; cori antiucraini che c'entrano come i cavoli a merenda; la solite strattonate alla Brigata Ebraica; e i cori inediti al segretario Dem «schiavo della Nato!» (col buon Letta visibilmente imbarazzato): ieri il giorno della Liberazione è andato un po' così. Vapore acqueo dei livori incrociati. Un'occasione persa. Ancora.

Caro Ignazio La Russa - cofondatore di Fratelli d'Italia, vicepresidente del Senato, destra antica - date le contraddizioni più cocenti del solito di questo 25 aprile, da destra si dicono quasi alleggeriti...
«Liberati dalla liberazione, in pratica».

Esatto. Si stupisce di quello che è accaduto in un giorno che dovrebbe essere di memoria condivisa?
«È normale, oggi è stato un giorno più divisivo per la sinistra, ma è sempre stato controverso, diciamolo. Di solito i 25 aprile mi sono sempre stati abbastanza indifferenti e parecchio ideologizzati. A memoria, ricordo soltanto un 25 che mi aveva dato vere speranze di pacificazione».

Quale?
«Quello del 2009, del post-terremoto di Berlusconi premier a Onna. Ecco, lì ebbi davvero anch'io la sensazione che qualcosa stava cambiando, che ci fossero tutte le condizioni per arrivare ad un'Italia davvero unita. C'era un clima diverso; c'erano le coraggiose dichiarazioni di Luciano Violante sul rispetto di tutti i caduti, dei partigiani che davvero morirono per liberarci (c'erano anche quelli ferocemente legati all'ideologia comunista), e dei caduti della Rsi; c'era, allora, un sentore di memoria condivisa dei lutti comuni».

 

 

Ricordo. Quel 25 aprile del "patriota Silvio" diede anche la sensazione, per la prima volta, del rilancio di un centrodestra tornato unito. Lo fu?
«Anche, ma il significato era storicamente più ampio. Col senno di poi, mi sbagliavo, perché poco dopo tornò a prevalere l'ideologia comunista. E oggi è peggio, se vogliamo. Oggi l'Anpi, partigiani che non hanno fatto la guerra, vive un riflesso pavloviano di imperialismo sovietico. Chi sta con Putin, oggi, lo immagina al comando di una fila di tank sovietici nel '56 o nel '68; e si ritorna con la memoria alle invasioni dell'Ungheria o Cecoslovacchia. E a me questo evoca eroi alla Jan Palach, lo studente che si diede fuoco per scuotere le coscienze contro il regime di Mosca».

Ma non trova che, in questo giorno della Liberazione, mescolando la guerra d'Ucraina attuale con la nostra di 77 anni fa, si siano esacerbati ancora di più gli animi, infiammate le ideologie (quelle rimaste), incasinata di più la politica?
«Un po' sì. Anche perché è vero: oggi se la prendono con gli americani e gli ucraini. Ed è la cosa più sbagliata paragonare il nostro 25 aprile che riguardava una guerra civile, con i giorni di guerra di una nazione invasa dall'esterno, dai carrarmati russi. Però, prima, guardi, se l'erano presa con la Brigata Ebraica. E prima ancora con i partigiani bianchi di estrazione cattolica che, trucidati per la libertà, diedero un contributo essenziale - seppur sottovalutato - alla liberazione».

In tutta coscienza, ma voi a destra non vi sentite di aver alimentato, negli anni, questa contrapposizione ideologica?
«Per niente. Ricordo che, ai tempi dell'Msi, agli esordi della "Destra nazionale", quando il partito aprì ai partigiani bianchi, ai liberali, agli ex Dc, Mirko Tremaglia riuscì a fare festeggiare i 25 aprile commemorando sia i militari che avevano combattuto col re contro i tedeschi, sia le ex milizie della Repubblica Sociale. Me lo ricordo perché c'ero: stavano tutti lì, ex badogliani ed ex repubblichini ciascuno nella rispettiva divisa, quelli che avevano combattuto per la libertà dell'Italia e un 25 di pace e di superamento ideologico».

Un esperimento sociale lodevole. Ma perchè non continuò?
«Perché, negli anni, via via, morivano per vecchiaia, divennero troppo pochi per farli incontrare. Eppure tentativi di superare la dicotomia li abbiamo sempre fatti. Specie Tremaglia. Che era uso a cose del genere, ricordo un 1° maggio festeggiato con gli operai di destra...».

 

 

Cosa pensa di Mattarella che ha evocato "Bella Ciao" assieme all'invasione dell'Ucraina?
«Mattarella, di cui sono amico e a cui do da anni del tu, appartiene alla salda tradizione dei democristiani di sinistra. Ma sbaglia a paragonare la nostra resistenza con quella degli ucraini. Sono due cose diverse, come dicevo. Bella ciao mi viene spesso da fischiettarla involontariamente; è diventato un vero e proprio successo pop, da quando si è sentita nella serie La casa di carta»

Mentre infuriava il 25 aprile, lei guardava partite di calcio inglesi. Le risulta?
«Sì. Sono trasmesse con la scritta sovrimpressa "No Invasion", da noi Sky le manda in onda con la scritta "Peace". Noi dovremmo imitare gli inglesi: fine della guerra sì, ma non resa. E, a proposito di sport: trovo assurdo che si espellano gli atleti russi che non hanno neppure espresso un'opinione. Sarà che io per istinto sono contro ogni forma di censura del pensiero; ma arrivare a punire un'opinione comunque non espressa, be', questo è davvero troppo...». 

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