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Matteo Salvini, il retroscena di Storace: "Il giorno in cui presenterà il conto a Draghi", governo a rischio?

Francesco Storace
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La data del 13 giugno è cerchiata in rosso nell'agenda di Mario Draghi. Perché quel giorno - e ben prima delle cosiddette "comunicazioni" al Parlamento sulle armi in Ucraina - Salvini lo farà ballare. La ruspa riprende il proprio lavoro. Ricomincia con le piazze - complice la campagna elettorale - e l'elenco dei comizi diffuso ieri via instagram era impressionante. Non molla, Matteo. Probabilmente da ieri il premier ha capito che Salvini si è davvero scocciato. Finora il leader della Lega ha solo dato nel rapporto col premier e il post referendum si annuncia agitato. Per dirla col linguaggio di un suo amico, «Matteo ha dato troppo oro alla Patria», pagandone un tributo davvero eccessivo in termini di consenso. Per un governo in cui - primo sgarbo del premier - nemmeno è entrato personalmente. In maggioranza e al governo la Lega è dovuta entrare. Chi ricorda quei giorni da Alfredo alla Scrofa non ha difficoltà a rammentare la volontà di Salvini di rispondere positivamente all'appello del Capo dello Stato per un governo di tutti dopo quello di Conte.

 

 

C'era ancora la pandemia, si discuteva seriamente il Pnrr e non c'era ancora la guerra. E se fosse dipeso da lui nell'esecutivo sarebbe entrata anche la Meloni. Che non volle invece. Rischia pure la galera ma gli tocca sostenere un governo con Luciana Lamorgese che rifiuta pervicacemente di incontrarlo con Draghi. Nonostante le ondate crescenti di immigrazione incontrollata che la crisi del grano ci recapiterà in proporzioni smisurate dall'Africa. Il clima a salivazione imperante nei confronti del premier ha invece esposto Salvini persino con la pandemia, tra vaxisti e no vax senza riuscire a poter discutere seriamente le scelte politico-sanitarie di Roberto Speranza. Ora, se la guerra lo vede impegnato per la pace, lo vogliono impalare "a reti unificate" come ripete da tre giorni. Draghi, se si preoccupa fa bene.

 

 


Anche perché il cosiddetto piano di Di Maio è stato sbriciolato sere fa in commissione Esteri alla Camera ma nessuno pare essersene accorto. Salvini sopporta alleati di governo come Letta che ogni giorno lo attaccano. E alleati di coalizione che lo infilzano persino per Mosca. Tutti ad impicciarsi di che cosa vuole fare lui per fermare una guerra che dovrebbe preoccupare tutti. A settembre ci saranno tensioni sociali con enormi ricadute sul lavoro: dovrà stare zitto anche allora? Salari e occupazione non dovranno vedere il suo impegno diretto rispetto ad una crisi che farebbe tremare i polsi a chiunque? Certo, anche Salvini potrebbe scegliere meglio quei suoi collaboratori che non lo aiutano. Ma si sta davvero esagerando con lui. Anche perché in circolazione non è che si veda questo fior di classe dirigente tra maggioranza e opposizione. Poi, c'è il "dettaglio", la pretesa di oscurare il referendum sulla giustizia che proprio lui ha messo nelle mani degli italiani e nessun altro partito, ad eccezione dei radicali. E Draghi ci ha messo invece del suo per sabotarli, comprimendoli in una sola giornata di votazioni. Ecco, dal giorno dopo non c'è dubbio che il capo della Lega comincerà a ragionare se continuare a dare oro alla Patria o riprendersi quello che è suo, a partire da milioni di astenuti, sbandati, incerti. Salvini ha alternato generosità ed errori, ma in assoluta buona fede. È difficile immaginare che non intenda presentare il conto ad un governo tutt' altro che amico con la Lega: quella che ha i voti, non le poltrone (ma questa è un'altra storia). 

 

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