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Guido Crosetto e Meloni premier: "Certo centrodestra mi fa un po' schifo"

Guido Crosetto

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Pubblichiamo la seconda parte dell'intervista del condirettore di Pietro Senaldi a Guido Crosetto

Il centrodestra non si mette d'accordo, la sinistra è un campo smontato e il centro è affollato da personaggetti pressoché indistinguibili... 
«È inutile parlare di destra o sinistra. Le dirò di più: il centrodestra attualmente è una parola senza significato. Il centrodestra esisterà quando avrà una politica comune, un piano di governo della povertà, dei processi economici, dell'istruzione, della giustizia».
E un candidato premier? 
«Quello viene dopo».
La regola è che chi ha più voti esprime il premier. È ancora valida? 
«So dove vuole arrivare, visto che con la Meloni ho fondato Fdi, che è primo nei sondaggi. Ma io non credo che a Giorgia interessi chi fa il premier. Le interessa che l'Italia sia ben governata dalla coalizione che ha vinto le elezioni. Però questa cosa maschilista per cui se vince un uomo guida e se vince una donna indica, fa ridere e anche un po' schifo: io a lei affiderei la mia vita e il futuro dei miei figli, sapendo che lo metterebbe sempre prima di se stessa».
Perché sa che se lei vince poi la sinistra le sparerà contro come già ha fatto con Berlusconi e Salvini?
«Una cosa rimpiango della Prima Repubblica. Democristiani, socialisti e comunisti non dissero mai "fascista" ad Almirante per farlo tacere, eppure lo era stato e lo avevano combattuto come tale. E quando andò ai funerali di Berlinguer, il corteo gli fece spazio in silenzio, senza insulti. Ora ci siamo imbarbariti».
Colpa di chi?
«Anche di voi giornalisti. Avete contribuito a delegittimare la politica, anche dando spazio a campagne diffamatorie, come quelle che rinfacciano a Fdi inesistenti legami con il fascismo».
Andiamo sul centrodestra: se è diviso non sarà mica colpa nostra?
«Tutti gli schieramenti hanno i loro problemi. Forse bisognerebbe rivalutare il ruolo degli sherpa, i mediatori che tengono le fila quotidiane dei rapporti tra i capi dei partiti. È il modo per parlarsi davvero, molto meglio dei vertici dove tutti arrivano prevenuti e incavolati neri. Però io vado oltre: si devono parlare tutti i leader e costantemente, la situazione drammatica del Paese lo richiede».
Siamo a buon punto?
«Anche qui, la realtà è meglio di come la descrivono i giornali. Meloni, una buona parte di Lega e Forza Italia, Letta, Bersani: sono convinti che sulle cose essenziali per il Paese, tipo scegliere fra Cina e Stati Uniti, costruire un'autostrada o un rigassificatore, bisogna fare fronte comune, non ci si può contrapporre ideologicamente».
Come avviene sullo ius scholae. Salvini ha ragione quando dice che il Pd lo porta avanti pur sapendo di non avere i numeri solo per mettere in difficoltà la Lega, che pure è alleata di governo...
«Sulla cittadinanza dico questo: non contano gli anni in Italia o i percorsi scolastici ma chi sei. Ci sono immigrati più italiani di me ma altri che non saranno mai italiani, malgrado la cittadinanza, perché odiano la nostra civiltà e a loro, se ami il Paese, non puoi mai dare il passaporto. Siamo sempre allo stesso punto: ci servono politici e lavoratori dello Stato che amino il Paese e si adoperino per esso prima che per il personale interesse. Le divisioni ideologiche, la scelta del premier e il governo vengono dopo».
Cosa farà tra un anno Draghi?
«Ribadisco: avremo un governo politico, ma credo che lui non si eclisserà». 

 

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