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Vittorio Sgarbi e Meloni premier: "Perché Berlusconi non può dirlo ora"

Pietro Senaldi
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«A noi del centrodestra può dare una grossa mano l'appetito di Calenda, e quindi vista la stazza alla fine è possibile che ci andrà bene".
Scommette sul centrodestra quindi per il voto appena fissato e già imminente? 
«Sono elezioni strane. Il centrosinistra non ha il candidato premier, ma lo nomina. Il centrodestra sulla carta ce l'ha ma non lo nomina e non lo nominerà».
Il non candidato della sinistra è Draghi, suppongo? 
«Certo, grazie a lui Letta ha l'occasione di allargare il suo campo, perché con i grillini gli è andata male».
Già, i grillini, i suoi preferiti... 
«Brutta fine, si divideranno in quattro a spartirsi un quarto dei voti che avevano a inizio legislatura. Più di tutti ne prenderà Paragone, il 4%, poi Conte, il 3% e Cabras, con Alternativa: partito per primo, arriverà ultimo con il 2%».
E Di Maio? 
«Ero convinto sarebbe finito con il centrodestra, invece finirà tra i draghiani».
Ma Draghi scenderà in politica? 
«No, osserverà lo spettacolo del centrosinistra che lo porta in processione senza sporcarsi le mani. Poi, se per caso lo schieramento che si ispira a lui dovesse prevalere, sarà il presidente Mattarella a cooptarlo, o meglio a costringerlo».

 

 

 

 



La politica vista dall'onorevole Vittorio Sgarbi è dadaismo allo stato puro, senza però essere arte, se non della sopravvivenza. È un'equazione che si ripete dando sempre un risultato diverso. «M5S non conta più nulla e corre da solo, seppure scisso» spiega il critico d'arte. «Siamo tornati ai due schieramenti. A sinistra c'è il Pd, poco sopra al 20%, alleato con i draghetti, partitini piccoli e personali, da Calenda, il più rilevante, a Renzi, Di Maio, Toti, Tabacci, una galassia gassosa che varrebbe il 10% ma può arrivare al doppio evocando l'ex premier. E a quel punto, può mettere a rischio la vittoria del centrodestra».

A meno che Calenda? 
«Non si ingolosisca e, forte della sua campagna acquisti tra gli ex ministri di Forza Italia non decida di correre da solo, salvando come effetto collaterale il centrodestra. Conoscendolo, penso che lo farà».
Il centrodestra è quello con il candidato innominabile, giusto? 
«La Meloni. Però in realtà la situazione è speculare a quella del centrosinistra».
In che senso? 
«Abbiamo una destra, la Meloni appunto intorno al 23%, e poi un centro, complesso ma non quanto il loro, dove abitano Berlusconi, la Lega, Cesa, Lupi e forse io con lui, che potrebbe insieme avere gli stessi voti di Fratelli d'Italia o anche superarlo. A quel punto dovremmo individuare un candidato premier alternativo alla Meloni, uno del Nord, non Salvini però...».
Confalonieri ha consigliato a Berlusconi di indicare la Meloni subito: perché non lo fa? 
«Non può farlo, perché sbilancerebbe la coalizione a destra, umilierebbe Salvini, scontenterebbe il suo partito e rischierebbe di far perdere voti alla coalizione. La Meloni può essere indicata solo se prenderà più voti di tutti».
 

 

 

 

 

In questi primi tre giorni di campagna elettorale Silvio sembra il più in palla di tutti. Non vedeva l'ora?
«La sfida lo energizza, ma la fretta gli ha fatto sbagliare i tempi. Doveva aspettare la scadenza naturale della legislatura, così Draghi si sarebbe consumato, travolto dalla guerra, dalle bollette, dall'inflazione e da tutti quei problemi che da presidente del Consiglio non è riuscito a risolvere. Invece, facendolo cadere, il Parlamento lo ha mitizzato e rivitalizzato».
Cosa avrebbero potuto fare Salvini e Berlusconi dopo il discorso del premier in Senato, che li ha attaccati e umiliati?
«Quando Draghi ha ignorato la mozione del centrodestra e chiesto di votare solo su quella di Casini, che di fatto gli conferiva pieni poteri, Silvio e Matteo si sono sentiti sfidati personalmente e hanno reagito in modo automatico, facendo venire meno il loro sostegno. Invece avrebbero dovuto essere subdoli e votare la fiducia a Draghi, mandandolo avanti e bruciandolo».
 

 

 

 

 

Non le è piaciuto l'anno e mezzo di Super Mario al timone?
«Mi è simpatico ma non ho condiviso certe scelte, come quella di gettare denaro per finanziare la guerra in Ucraina, con il risultato di devastarla ulteriormente».
Ci mancava lo Sgarbi putiniano...
«Non si tratta di essere putiniani ma realisti. Silvio sulla guerra lo è più di Draghi».
La Gelmini ruppe con Forza Italia quando a Napoli Berlusconi parlò in favore della pace...
«Chi lascia Forza Italia ora è destinato a scomparire. Però una cosa Brunetta la dice mezza giusta: non è lui a mollare gli azzurri ma sono gli azzurri a uscire da loro stessi. C'è una parte di Forza Italia più vicina a Draghi che alla destra, ma la verità è che c'è anche una parte di Berlusconi più vicina spiritualmente a Draghi che alla Meloni; solo che contro questa ipotesi remano calcoli politici e sentimenti personali. Quindi non si farà».

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