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Fabio Rampelli, sfida a Berlusconi: "Ma il Ppe sa chi era Tajani?"

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Botte da orbi nel centrodestra sul candidato premier. Domenica si è diffusa la notizia del pressing del Partito popolare europeo su Silvio Berlusconi affinché candidi il suo braccio destro Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia e nome forte del partito a Strasburgo. Una sfida alla "sovranista" Giorgia Meloni che non poteva lasciare indifferente Fratelli d'Italia

 

 



Sul tema, la posizione della Meloni (e di Matteo Salvini) è chiara: il candidato premier verrà indicato dal partito che prenderà un voto in più degli alleati. Stando ai sondaggi attuali, FdI. Stando a Salvini, potrebbe essere la Lega. E Forza Italia? In posizione più debole, per ora nicchia  e proprio per questo il Cav aveva proposto che a indicare il candidato fosse una assemblea degli eletti, dopo il 25 settembre. Scommettendo, dunque, sul fatto che Forza Italia e Lega possano conquistare più seggi dei meloniani.

 

 



"La regola fin qui valsa nel centrodestra prevede che a esprimere il premier sia il partito più votato della coalizione e così sarà anche dopo il 25 settembre", conferma in una intervista a Repubblica Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e tra i "colonnelli" di FdI. Quindi la nota più che polemica: "Mi sembra strano, il presidente Tajani era addirittura monarchico - dice -. Con tutto il rispetto per il Ppe, del quale Meloni è stata parte senza che nessuno eccepisse nulla, al governo italiano pensano gli italiani". Respinge poi le accuse mosse contro FdI di essere di matrice fascista. "La generazione che ha fondato FdI ha scavato un solco invalicabile tra la destra e l'estremismo, compresa ogni forma di nostalgismo - sottolinea -. In una nazione civile mi aspetterei il riconoscimento degli avversari per questo percorso, così come noi riconosciamo a una certa sinistra di essersi smarcata dal comunismo". E aggiunge: "Noi con il fascismo non abbiamo nulla a che fare e andiamo fieri di averlo consegnato alla storia da prima di Fiuggi. Nel Msi per queste mi avevano affibbiato un nomignolo: 'Il demoproletario di Roma'". 

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