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Sondaggio Youtrend sul centrodestra: 9 punti di vantaggio, unito è sempre in testa

Fausto Carioti
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Se il centrodestra si presenta unito alle elezioni del 25 settembre, due sono oggi i possibili ostacoli sulla strada che lo separa da palazzo Chigi. Il primo è la reazione dei suoi elettori tradizionali alla crisi di governo. Quella di importanti ministri e parlamentari di Forza Italia la stiamo vedendo: abbandonano il partito e la coalizione, accusandoli di aver fatto cadere l'esecutivo guidato dall'italiano più apprezzato nel mondo. La domanda quindi è: quanti la pensano come loro? Ci sono italiani di centrodestra pronti a voltare la faccia ai partiti che hanno votato sinora perché li ritengono colpevoli di "draghicidio"? Il secondo ostacolo è rappresentato dal raggruppamento nel quale dovrebbero entrare quegli stessi illustri fuoriusciti e che pare destinato ad allearsi col Pd. Quanti voti può togliere questo ipotetico «fronte repubblicano» alla coalizione di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi?

 

 

 

La risposta a quest'ultima domanda dovrà attendere, perché il progetto figlio della diaspora è ancora molto confuso: finché non si capisce chi si candida con chi, è impossibile chiedere agli italiani cosa ne pensano. Ieri, però, è uscita una risposta alla domanda iniziale: i primi sondaggi sulle intenzioni di voto realizzati dopo le dimissioni di Mario Draghi e lo scioglimento delle Camere da parte di Sergio Mattarella. E lì dentro c'è una buona notizia per il centrodestra: nulla è cambiato, la coalizione è ancora ampiamente avanti.

 

 

 



DISTACCO NETTO - Secondo la rilevazione dell'istituto Quorum/YouTrend, diffusa da Sky Tg24, Fdi, Lega e Forza Italia, insieme, raggiungono il 45,5% delle intenzioni di voto. Mentre la più efficace delle coalizioni che può costruire il Pd, quella che tiene dentro Renzi, Calenda, Di Maio e le sigle di sinistra, non va oltre il 36,3%. Un distacco che dovrebbe bastare, grazie all'"effetto maggioritario" garantito dai collegi uninominali di Camera e Senato, ad ottenere più della metà degli eletti in ambedue i rami del parlamento, e dunque la possibilità di governare.
Gli indecisi e coloro che pensano di astenersi sono tanti, pari al 41,7%, segno che molto può ancora cambiare; tra coloro che hanno risposto, però, il 23,8% ha detto che intende mettere la croce sul simbolo di Fratelli d'Italia, che si conferma così il primo partito. Seguono il Pd, col 22,5%, la Lega, col 13,4%, ciò che resta dei Cinque Stelle, che tornano ad avere percentuali ad una cifra (9,8%), e Forza Italia, con l'8,3%. Benino, ma non eccezionale, Carlo Calenda con Azione, che assieme a +Europa arriva al 4,9%.

 

 

 

 

Numeri simili li ha diffusi ieri sera il tg di La7, dando conto della rilevazione fatta dall'istituto Swg, anch'essa realizzata dopo la crisi di governo. Secondo questo sondaggio, Fdi è il primo partito con la percentuale record del 25% (+1,2) e aumenta il distacco dal Pd (23,2%, in crescita dell'1,1). Aggiungendo il 12,4% della Lega (in calo dell'1,6), il 7,1% di Forza Italia (-0,3) e l'1% di Noi con l'Italia (il partitino di Maurizio Lupi), il centrodestra arriva sempre al 45,5%.
Tutto questo mentre l'opinione degli elettori nei confronti di Draghi resta positiva: come certifica ancora l'istituto Quorum/YouTrend, il 57,5% ha un giudizio «molto o abbastanza positivo» sull'operato del suo esecutivo.
Cosa è successo? Semplicemente che gli italiani addebitano ad altri, e non al centrodestra, la responsabilità della crisi di governo: per il 41,1% essa appartiene a Conte, per il 9,5% allo stesso Draghi, per il 7,7% a Salvini e per il 7% a Di Maio. Solo il 3,7% indica Berlusconi. Se Enrico Letta e i suoi vogliono fare campagna elettorale accusando gli avversari di "draghicidio", nella speranza di convincere gli italiani di centrodestra a cambiare affiliazione, avranno parecchio da faticare.


POCA FIDUCIA IN LETTA - Lo stesso segretario del Pd, peraltro, esce malridotto dalle risposte alla domanda «Quanto si fida di questi esponenti politici?». Dietro agli inevitabili Mattarella e Draghi, che grazie al loro ruolo istituzionale hanno la fiducia, rispettivamente, del 64% e del 54% degli italiani, il primo nome è quello della Meloni, contro la quale Letta sta conducendo tutta la propria campagna elettorale. La presidente di Fdi riscuote «molta o abbastanza fiducia» nel 38,7% degli italiani (che per un leader di partito, come tale divisivo, è una percentuale alta), e il divario dallo stesso Letta è ampio, visto che a fidarsi di lui è solo il 25%. In mezzo ai due ci sono Berlusconi, di cui si fida il 34,3% degli interpellati, Conte (30,7%) e Salvini (30,4%). Anche sotto l'aspetto della sfida diretta, quindi, la strada che attende il segretario del Pd appare in salita.

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