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Giovani: il futuro della nostra nazione passa da loro. La politica li rispetti di più. L'analisi di Andrea Pasini

Andrea Pasini  

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Questo 2022 sarebbe dovuto essere l’anno della ripartenza. Dopo due anni a fare i conti con il coronavirus, ci aspettavamo tutti di tornare a vivere. Ma ancora una volta ci troviamo con un anno molto diverso da quello che auspicavamo.

Colpa della guerra, dell’aumento smisurato dei costi delle materie prime e dell’energia, ma anche di una politica che non ha saputo, e tutt’ora non sembra in grado, di sfruttare le risorse a nostra disposizione. Prima tra tutte, quella del piano europeo Next Generation Eu che rischia di trasformarsi nell’ennesimo spreco di denaro se gli ingenti finanziamenti non dovessero essere indirizzati in modo efficiente.

Se osservato in quest’ottica, il Pnrr potrebbe rappresentare la perfetta occasione perché l’Italia inizi veramente a investire sui giovani. La bussola del passato è stata il Prodotto interno lordo, ma non basta più. Diventa sempre più importante affiancare in modo esplicito altri indicatori di sviluppo sostenibile e tra questi soprattutto quelli che riguardano condizioni e prospettive delle nuove generazioni, in particolare sulla qualità della formazione, sull’inserimento efficace nel mondo del lavoro, sulla valorizzazione del loro capitale umano nelle aziende e nelle organizzazioni. 

Non sappiamo come sarà il futuro e dobbiamo far sì che i nostri giovani possano affrontare qualunque ostacolo. I giovani non devono essere visti come un costo sociale, ma devono rappresentare una risorsa fondamentale su cui investire per produrre un rendimento più solido e duraturo, con ricadute positive su diversi ambiti, da quello economico a quello sociale. 

Siamo ancora molto lontani dal raggiungere i target fissati dalla Strategia Europea 2022 e i nostri giovani stanno ancora pagando il prezzo più alto della pandemia, dalla Dad a un sistema di transizione scuola-lavoro che fatica a funzionare. 

Non possiamo che biasimarci se il 60% dei ventenni d’oggi ritiene di trovarsi in condizioni peggiori rispetto ai coetanei europei. Una condizione aggravata dall’impatto della crisi sanitaria, che ha indebolito ulteriormente percorsi formativi e professionali. Il periodo della pandemia ha particolarmente provato i giovani, come molte ricerche confermano, anche sul versante dello stato emotivo e delle competenze sociali.

Ecco perché sono fermamente convinto che i giovani e la loro formazione debbano essere al centro del programma del Pnrr e sopratutto al centro dei programmi politici dei partiti sia di destra che di sinistra. È fondamentale potenziare e implementare gli investimenti sulle tematiche giovanili. È necessario dimostrare in modo esplicito che, al di là delle risorse, c’è una strategia nuova del Paese che dimostra di essere più sensibile al presente ma sopratutto al futuro delle nuove generazioni. I giovani rappresentai la linfa vitale di ogni grande paese ma vanno sostenuti, supportati e su di essi è necessario investire risorse e tempo per metterli nelle condizioni di poter esprimere al meglio le loro potenzialità. La politica saprà accettare questa sfida? Speriamo di sì!

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