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Luigi Di Maio fuori da tutto? Voce inquietante: può finire in tribunale

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Brutto pasticcio per Luigi Di Maio e Bruno Tabacci. Il ministro degli Esteri che ha mollato il M5s era pure stato avvisato del rischio ma ha fatto di testa sua e ora il partito con l'ape Maia "Impegno civico" è finito al centro di una contesa che rischia di finire in tribunale. Il nome del neonato partito, riporta il Giornale, in realtà esiste già. E per questo ora Di Maio è stato accusato di plagio politico da Fabio Desideri, consigliere provinciale del Lazio che proprio con la lista "Impegno Civico", vinse le elezioni diventando sindaco di Marino. "Lista, simbolo e nome sono depositati: Di Maio e Tabacci non potranno presentare il simbolo senza trovare un accordo con i titolari della lista Impegno Civico-Marino, che ha un atto costitutivo notarile fatto oltre vent’anni fa", aveva detto Marino.

 

 

Ma Gigino e Tabacci hanno deciso di presentare lo stesso la lista e così la diffida è stata ufficializzata dal diretto interessato: "Ieri i nostri avvocati hanno notificato, presso gli uffici ministeriali, a Di Maio e Tabacci formale diffida a presentare le liste di Impegno Civico, comunicando - inoltre - agli stessi, che in caso di presentazione delle liste sarà immediatamente presentato ricorso nei termini di legge". E ancora: "Speriamo sinceramente che Di Maio e Tabacci non creino le condizioni che ci obblighino a dover ricorrere alla magistratura, al fine di evitare la presentazione delle liste il prossimo 21 agosto". osserva Desideri. 

 

 

La presentazione delle liste è prevista per la prossima settimana. Entro quella data e in caso di diffida Di Maio dovrà trovare al suo partito - dopo Insieme per il futuro e Impegno civico - un terzo e definitivo nome. Del resto la legge parla chiaro: "Non è ammessa la presentazione di contrassegni, sia che si riferiscano a candidature nei collegi uninominali, sia che riferiscano a liste, identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli usati tradizionalmente da altri partiti". Stando alla norma, quindi, se il ministro degli Esteri non si impegnerà nella modifica, la lista con tutta probabilità potrà non essere accettata e rimandata al mittente con il limite massimo di 48 ore per l’eventuale cambio.

 

 

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