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Beppe Sala, il politico-Zelig: ecco tutto quello che ha "dimenticato"

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Beppe Zelig Sala nacque morattiano, poi, folgorato sulla via di Expo, si scoprì renziano, e ancora diventò rosso (modello Che Guevara), per cambiare in verde con sfumature arcobaleno Lgbt. Quindi, dopo lunga introspezione, capì di essere un centrista, stile Tabacci (da cui la rinomata ditta Sala&Tabacci), e addirittura un dimaiano. Infine comprese che la sua vocazione era votare il Pd ma sostenendo idee quasi di destra.

 

Così ieri, nell'intervista a Repubblica, il sindaco di Milano ha ribadito che voterà per i dem, ma dissentendo da Letta su tutto: criticava l'esclusivo accento sui diritti civili («Al Pd servono battaglie che vadano al di là della sacrosanta difesa dei diritti civili»), il continuo ritornello sul pericolo fascismo («Da profondo antifascista sarei stato meno insistente sul rischio di un ritorno al Ventennio»), e aggiungeva che bisogna «pensare alle maggioranze silenziose che chiedono diritto alla sicurezza» (detto da uno che, la sicurezza a Milano, non l'ha proprio garantita).

 

Bizzarro poi che Zelig Sala sostenga che «della destra mi fa più paura che Fdi abbia chiamato la sua convention "Appunti per un programma conservatore"», dimenticandosi di averci partecipato lui stesso. Ed è curioso che dica: «Di fronte a un risultato negativo della Lega non mi stupirebbe un ribaltone al vertice». Si scorda, Sala, che il ribaltone rischia di esserci proprio nel Pd che lui vota. E che lui, con finte parole al miele, contribuisce a demolire.

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