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Salvini, "accelerazione": la mossa decisiva che può cambiare tutto

Fabio Rubini
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Sull'Autonomia la Lega fa sul serio. Quella che ad alcuni era sembrato un ritorno al passato un po' raffazzonato allo scopo di raccogliere qualche voto in più al Nord, in realtà fa parte di un piano ben preciso portato avanti da Matteo Salvini. Un piano che - a quanto ci risulta avrebbe subito un'accelerazione dopo il voto, piuttosto deludente, raccolto al Sud. Questo non vuol dire che la Lega abbia rinunciato alla sua dimensione nazionale, bensì che le regioni storiche quali Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, torneranno a fare da azioniste principali nelle strategie leghiste. Si spiegano così le mosse di questi giorni e quelle che segneranno l'ingresso nel governo Meloni. Andiamo con ordine. Ieri per la Lega è stato il grande giorno di Lorenzo Fontana eletto alla quarta votazione presidente della Camera (il secondo esponente della Lega dopo Irene Pivetti, che guidò Montecitorio dal 1994 al 1996). Una scelta non casuale quella di Salvini, per lanciare un messaggio di attenzione alle istanze del Veneto e uno pure a Luca Zaia al quale Fontana è legato da «rispetto» ma non da «profonda amicizia». Sentimento che invece lo lega a Matteo Salvini, del quale era compagno di stanza a Bruxelles quando entrambi erano europarlamentari.

 

 


GOVERNATORI FELICI
Tornando al piano, non è un caso che nel suo discorso d'insediamento Fontana abbia fatto un riferimento esplicito all'autonomia: «L'Italia, come l'Europa, ha nelle diversità una ricchezza che deve essere valorizzata - ha detto con lo strumento fondamentale dell'autonomia». Parole che sono state subito sposate da Luca Zaia: «Nel discorso d'insediamento è partito con il piede giusto sul fronte dell'autonomia, citando il presidente Mattarella e anche quella che è una riforma prevista dalla Costituzione, e non un atto sovversivo come qualcuno si ostina ancora a descrivere». Anche Attilio Fontana (che nella votazione ha "rubato" 12 voti a Lorenzo) ha elogiato quel passaggio: «Ci incontreremo presto per confrontarci e condividere i percorsi che riguarderanno le Regioni, in primis quello dell'Autonomia». Le mosse del Carroccio per arrivare alla meta non sono finite. Un altro punto nodale è quello di creare il ministero all'Autonomia, che verrà affidato ad un altro federalista doc, Roberto Calderoli, che solo giovedì si era sacrificando rinunciando alla presidenza del Senato in favore di Ignazio La Russa. A chiudere il cerchio ci sono poi il ministero agli Affari Regionali, che dovrebbe finire alla "zaiana" Erika Stefani, ma soprattutto quello all'Economia, ormai saldamente nelle mani di Giancarlo Giorgetti. Quest' ultimo soprattutto potrebbe essere determinante per fare l'Autonomia e farla in fretta. Perché si possono approvare tutte le riforme del mondo, ma se la «Repubblica autonoma del Mef» - come la definisce nel suo Manifesto per l'Autonomia il prof. Stefano Bruno Galli, assessore regionale lombardo - non da il via libera, non si muove nulla.

 

 


LA GIORNATA
Alla fine delle trattative la Lega dovrebbe portare a casa sei ministeri - contro i quattro di Forza Italia -. A quelli già citati si dovrebbero aggiungere quello alle Infrastrutture e Trasporti, per Matteo Salvini, uno tra Agricoltura o Turismo per Gian Marco Centinaio e quello alla Famiglia e Disabilità, per il quale gira con insistenza il nome di Alessandra Locatelli. Poi resta aperto il discorso Viminale, dove potrebbe finire il tecnico di area Lega Matteo Piantedosi. Se queste previsioni dovessero avverarsi segnerebbero un risultato clamoroso per Matteo Salvini, che dai più era considerato all'angolo nel suo partito e nell'emiciclo. A cambiarne le sorti è stato non tanto lo strappo di Berlusconi al Senato, quanto il ruolo di "mediatore" che Matteo si è ritagliato in questi mesi. Ieri mattina, raccontando ai suoi la telefonata con Silvio, ha rivelato che «Lo avevo avvisato. Guarda che Giorgia ha i numeri, non puoi metterti di traverso». Poi, rivolto a Giorgetti ha spiegato che «serve un intervento vero sul caro bollette. Lo ha detto anche Carlo Bonomi. E con te al Mef potremo farlo...». 

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