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Silvio Berlusconi, "ha fatto così anche lui": voci pesanti da FdI

Antonio Rapisarda
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Fra gli alleati «prevarrà il senso di responsabilità. La previsione, tutt' altro che accompagnata dagli scongiuri, è del meloniano rientrato da Bruxelles, Raffaele Fitto. Dipende da loro, perché da queste latitudini l'unico governo possibile «è quello di una coalizione di centrodestra»: la stessa capace di eleggere al primo colpo i presidenti di Camera e Senato. Questi i fatti politici "concreti" da cui Giorgia Meloni intende accelerare al massimo la prossima settimana. Non è previsto nient' altro, per ciò che le riguarda: a partire da drammatizzazioni o dal frenomotore rappresentato «dai giochi di Palazzo». Figuriamoci tutto il resto, che semplicemente non c'è: come il cambio di formazione. Suggestione su cui si continua a fantasticare dopo l'ottovolante andato in scena a Palazzo Madama. «Via Forza Italia dentro il Terzo polo? Lo escludo», continua Fitto. «FdI non ha mai fatto parte di governi non eletti. Non ci sono altre maggioranze possibili». Quanto alle tribolazioni scaturite dallo scatto rubato sugli appunti di Silvio Berlusconi su Giorgia (definita, fra le altre cose, «supponente e arrogante»), a cui la premier in pectore ha risposto con parole «chiare ma non pesanti» («Alla lista di Berlusconi va aggiunto: non ricattabile», questa la sua replica), non servirà il calumet della pace.

 

 

COERENZA
«Servono comportamenti coerenti», ha certificato il presidente dei senatori di FdI Luca Ciriani. Atti chiamati a «non tradire la fiducia ricevuta». Morale? Se qualcuno della coalizione «si sfilasse» si assumerebbe un'enorme responsabilità «verso gli elettori». Per lo stato maggiore di FdI la sintesi dei primi tre giorni di diciannovesima legislatura è questa: c'è un solo campo di gioco, il centrodestra, e non esistono piani B. Nemmeno dopo lo strappo scaturito dall'astensione degli azzurri su Ignazio La Russa. «Se Giorgia Meloni dice di non essere ricattabile si riferisce a una situazione di carattere politico», ha sottolineato non a caso un altro big, Fabio Rampelli. Che significa ciò? «Che dalle nostre parti si passa sopra a tutto ma non su un principio cardine: un governo di qualità. Su questo non ci si muove». È questa l'aria che si respira in via della Scrofa. Per nulla scomposti, confermano a Libero, dagli strali giunti da Villa Grande. «Se da quelle parti dicono "forse non andiamo insieme al Quirinale", "forse non votiamo la fiducia", la replica che giungerà dalla Meloni non sarà di certo: allora abbassiamo un po' il livello del nostro governo». Davanti alla situazione drammatica che sta vivendo l'Italia, questo il mantra, o si fa un esecutivo di eccellenza o niente. «E non è che Berlusconi questo concetto non lo conosce», spiega un altissimo dirigente di FdI ricordando la storica vittoria del 1994. «Mica andò al governo con l'ultimo che gli suggeriva Fini. C'è andato con Urbani, Tremonti e Martino. E di An c'erano Fisichella e Tatarella. Non di certo dirigenti qualsiasi...». Tradotto: anche Berlusconi, ai tempi, pretese indicazioni di qualità dagli alleati. Lo stesso farà Meloni: senza eccezioni. E il pensiero va al caso Ronzulli. 
 

 

 

LA RICETTA
Insomma, non esiste ricetta per la pace che non sia la comprensione della mole della sfida a costo di sacrificare anche gli interessi di partito. Messaggio già recepito dall'altro alleato: Matteo Salvini. Che - «in cambio di qualità» - è già andato all'incasso con la presidenza della Camera, affidata all'ex ministro Lorenzo Fontana. In attesa dell'ingresso di un altro pezzo da novanta, che vanta apprezzamento bipartisan, come Giancarlo Giorgetti. Per lui è pronto il Mef. Giorgia Meloni, al di là delle ricostruzioni, viene descritta come tranquilla. Il botta e risposta di venerdì, assicurano, non è certo l'ostacolo: con la stoccata a tono nei confronti del Cav «i conti sono pari». Il finale della storia? Scommettono su un governo di centrodestra. Come? Con ministri di qualità, pure di Forza Italia, come Tajani e Bernini. Insomma, l'intenzione di Meloni & co è di tirare dritto.  L'idea che gli azzurri non votino la fiducia a un governo del genere viene considerata peregrina. Al massimo, chiosa l'alto esponente, «trovami più di tre esponenti di Forza Italia disposti così a dire no alla fiducia...». 

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