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Lorenzo Fontana, orrore contro moglie e figlia del leghista: cosa pubblicano

lunedì 17 ottobre 2022

3' di lettura

Se fino al 25 settembre qualcuno poteva pensare che ripetere con Flaiano che gli antifascisti militanti sono i veri fascisti fosse solo una boutade, quel che da allora è successo non solo dimostra la veridicità di quel detto ma anche la sua inquietante attualità. La violenza verbale, l'odio viscerale, la caccia all'avversario, la sua riduzione quasi a bestia e non-uomo, il suo ridicolizzarlo e insultarlo, la chiamata in correità persino dei suoi parenti, in una parola tutti i metodi che erano propri delle frange più estreme del fascismo, sono di colpo diventati il modo di intervenire nel dibattito politico di buona parte della sinistra. Con l'altra, quella che dovrebbe essere più istituzionale e responsabile, nel ruolo non di pompiere ma di incendiario (un termine che, in una sorta di capovolgimento semantico, è stato attribuito dal segretario piddino non a se stesso, come sarebbe stato logico in un'ottica di autocritica, ma agli avversari rei di aver nominato come da prassi istituzionale due propri uomini alla presidenza delle Camere).


CACCIA ALL'UOMO
Questa vera e propria caccia all'uomo sta raggiungendo dei vertici parossistici dopo l'elezione a Montecitorio di Luciano Fontana, il cui torto è semplicemente quello di essere un cattolico che segue alla lettera nella vita privata i precetti derivanti dalla sua fede. Bene ha perciò fatto ieri Matteo Salvini, in modo fin troppo pacato e gentile a mio avviso, a segnalare ai visitatori dei suoi social un post di Elisabetta Ambrosi, una giornalista della sinistra tendenza Capalbio (un tempo era caporedattrice di Reset, compresi) stanno perdendo equilibrio, rispetto e buon senso». E parla di "follia".

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CATTIVI MAESTRI
In verità, anche se il segretario leghista non lo dice, qui ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più grave e pericoloso di una semplice mancanza di educazione o di un comportamento irrazionale. Non possiamo dimenticare, voglio dire, che indicare dei colpevoli "oggettivi" e metterli alla gogna fu metodo molto diffuso, soprattutto in campo intellettuale, nel periodo peggiore della vita repubblicana, cioè nei cosiddetti "anni di piombo". Furono proprio gli intellettuali, veri e propri "cattivi maestri", che spinsero gruppi di fanatici a trarre le conseguenze ultime dalle loro parole, non riuscendo mai a distanziarsene fino in fondo e anzi definendoli solo "compagni che sbagliano". Rammentare il fior fiore di giornalisti e uomini di cultura che accusarono ingiustamente il giudice Calabresi e che mai hanno avuto il coraggio di dire una sola parola di ravvedimento o autocritica, non è assolutamente fuori luogo. Ovviamente, la storia non si ripete mai e questa volta non arriveremo per fortuna a tanto: gli italiani sono stanchi di "guerre civili"; e intellettuali e giornalisti di sinistra sono sempre più isolati nella società, per quanto possano far rumorein quanto ancora padroni assoluti dei mezzi della comunicazione.

I risultati elettorali della sinistra stanno lì a dimostrarlo, e sono da anni inversamente proporzionali alla sua arroganza. Ma è bene agire subito e non abbassare la guardia, come ha fatto Salvini. Quanto all'Ambrosi, fra i tanti cortocircuiti in cui si imbatte col suo post, il più evidente è quello che si genera fra il suo conclamato femminismo e la considerazione che ha della donna, incapace di ragionare con la propria testa e in balia dell'uomo a cui si lega per sola convenienza economica: «forse è povera e non può separarsi». Beh, se questi sono gli argomenti, la sinistra è proprio alla frutta. Non vorremmo che le fosse tanto indigesta da spingerla ad atti inconsulti.

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