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Lamorgese, il regalino ai migranti: l'ultimo atto prima di lasciare tutto

Francesco Storace
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I foglietti di Luciana Lamorgese sono più pericolosi di quelli di Silvio Berlusconi. Il giorno 13 ottobre dell'anno di grazia 2022 facevano ingresso alla Camera e al Senato i deputati e senatori della neonata diciannovesima legislatura, e al ministero dell'Interno sua eccellenza vergava l'ennesimo, ingente, stanziamento pro immigrati. Come a lasciare alle sue spalle l'ultimo dispetto prima dell'uscita di scena, senza essere rimpianta da nessuno. Oltre un miliardo e trecento milioni di soldi nostri, distribuiti per un triennio senza nemmeno il garbo di affidare la pratica in eredità al successore al Viminale. L'improntitudine al potere fino a un minuto prima di mollare quella sedia dorata dell'Interno. Le cooperative dell'accoglienza festeggeranno, denuncia Il Primato Nazionale, ma c'è qualcosa di più, incredibilmente cinico, e sta proprio nella data scelta. Quel 13 ottobre, firmare un decreto del genere che sta in bella vista sul sito del Viminale, appare davvero una provocazione, un'ipoteca sulle scelte ministeriali del futuro.

PROVOCAZIONE
Anche perché, con il decreto in questione - il numero 37847 - si finanziano progetti «in prosecuzione» dal primo gennaio 2023 fino a tutto il 2025. Che avrebbero potuto essere vagliati, timbrati, accettati, dal nuovo ministro. Invece no, la Lamorgese ha detto "comando io" e ha deciso di spendere in tutta fretta i quattrini che si trovava a disposizione. Quei soldi andranno a finire nella gestione dei tantissimi centri di accoglienza sparsi nella Penisola nelle varie forme in cui sono strutturati. Lo stanziamento ultra miliardario rappresenterà l'ultimo lascito di una ministra criticata da tutti ma che non ha voluto rinunciare a dettare legge. Le date incuriosiscono, anche perché tutto nasce dalla legge che affida agli enti locali le proposte nell'ambito del «sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati» e del "Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo".

Nel 2019 ci fu - nel mese di novembre - un decreto per le modalità di accesso ai fondi in questione. In pratica spettava ai comuni presentare al "dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione la domanda di prosecuzione delle proposte progettuale", con relativi costi. Poi, la pratica sarebbe andata ad un'apposita commissione di valutazione. E infine l'assegnazione da parte del ministero delle relative risorse. Il bello è che le graduatorie dei progetti ammessi risalgono al 2020. Ma solo il 7 ottobre scorso le graduatorie sono state verbalizzate a governo ormai in articulo mortis. E la Lamorgese si è sbrigata ad avallare quanto deciso... Parliamo di tre elenchi di proposte con tante amministrazioni interessate. Ma se fosse passata qualche settimana sarebbe stato per loro impossibile andare avanti con i progetti?

QUESTIONE DI STILE
Insomma, una questione di stile, prima ancora che politica e istituzionale. In campo non c'è solo quello che con troppa generosità viene definito un "dovere". Perché alla luce del calendario, tutto assomiglia troppo ad una corsa contro il successore che contro il fattore tempo. Meraviglia davvero che si possano ancora fare cose del genere quando si è a capo delle istituzioni. E davvero l'auspicio è che pagine così brutte possano essere rapidamente archiviate. Agli immigrati - a quelli che hanno realmente diritto - potrà tranquillamente pensarci il nuovo governo senza dover per forza ricorrere ai blitz dell'ultima ora di Luciana Lamorgese. Ma probabilmente a volte affiora uno spirito vendicativo che scatena l'animo di chi deve lasciare - finalmente - una postazione di potere da cui non vorrebbe staccarsi mai. E però anche il ministro dell'Interno deve soggiacere alla volontà espressa democraticamente dagli elettori. Magari chi arriverà al suo posto potrà verificare la correttezza delle procedure osservate per stanziare quell'ingente somma destinata all'accoglienza. Soprattutto perché nel frattempo c'è un Paese che soffre maledettamente la crisi economica. I quattrini servono anche nelle nostre case.

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