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Mattarella-Meloni, "cosa è successo al Colle": perché la sinistra è finita

Fausto Carioti
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Non c'è stato nessun "esame del sangue": né sull'atlantismo, né sulla composizione della squadra di governo. A sinistra speravano in tanti che il giorno di ieri, al Quirinale, fosse per Giorgia Meloni e gli altri vincitori delle elezioni un passaggio sotto le forche caudine di Sergio Mattarella, soprattutto dopo le esternazioni filo-putiniane di Silvio Berlusconi.

Così non è stato. Il primo incarico di formare un governo affidato ad una donna, il concepimento dell'esecutivo «più a destra della storia italiana», come amano chiamarlo nel Pd, è filato via liscio, in una giornata senza tensioni né contrattempi. Gli unici "imprevisti" sono stati lo spostamento di alcuni nomi nelle caselle dei ministri, voluto dalla stessa Meloni, e l'estrema velocità dimostrata dalla presidente di Fratelli d'Italia: ha accettato l'incarico «senza riserva», ossia dichiarandosi subito pronta e sicura di avere la squadra giusta e una maggioranza solida (quinta volta che succede in 68 governi, non proprio una normalità). Così stamattina, alle 10, quando la Meloni e i suoi ministri giureranno al Quirinale, entrerà in carica il secondo governo nato più velocemente dopo le elezioni: appena 27 giorni dopo il voto del 25 settembre. E anche in questa sua volontà di correre, la leader di Fdi ha trovato una sponda nel presidente della repubblica. Due che più diversi di così non potrebbero essere, la 45enne cresciuta nella destra capitolina e l'81enne palermitano democristiano figlio di Bernardo, messi dalle circostanze sulla stessa barca, hanno creato in queste settimane un rapporto, in nome della «collaborazione» istituzionale (parola usata da Mattarella nel suo breve discorso), che sembra tenere a distanza tutti gli altri.

 

 

 

Nei colloqui di ieri al Quirinale il filo che lega i due è diventato per la prima volta evidente. In mattinata, il confronto con i dodici membri della delegazione di centrodestra, ultima tappa della liturgia della consultazioni, è stato probabilmente il più breve nella storia della repubblica: appena undici minuti. La Meloni ha detto quello che poi, al termine dell'incontro, ha ripetuto in pubblico, ossia che lei e i suoi alleati sono pronti a fare un governo solido, capace di rispondere nel modo migliore alle sfide che attendono l'Italia, iniziando con l'approvazione dell'importantissima legge di bilancio, e che quel governo deve essere guidato da lei. Concetto che gli altri (Berlusconi seduto alla sinistra della leader di Fdi, Matteo Salvini alla destra, il centrista Maurizio Lupi poco più in là) hanno ripetuto a turno, in modo simile. Mattarella ha chiesto ai presenti se la linea di politica estera della futura premier, dichiaratamente filoatlantica, sia condivisa: tutti, incluso il fondatore di Forza Italia, hanno risposto in modo affermativo, e la questione si è chiusa lì. Tra gli stessi esponenti di centrodestra che erano presenti, l'atmosfera dello sbrigativo colloquio viene definita «un po' imbarazzata». Molto diverso il clima nel pomeriggio, alle 16.30, quando la Meloni, convocata davanti al capo dello Stato, si è ripresentata da lui, stavolta da sola, e i due hanno discusso per un'ora e un quarto.

 

 

 

 

Le sue richieste, Mattarella gliele aveva comunicate nei giorni precedenti. Avrebbe preferito che al ministero dell'Interno non ci fosse un segretario di partito, perché in caso di elezioni è meglio che quell'incarico, cruciale per lo svolgimento del voto, non sia coperto da un personaggio troppo schierato; chiedeva un ministro dell'Economia europeista, e ha avuto Giancarlo Giorgetti, il leghista che Mario Draghi - lui e nessun altro - ha suggerito alla Meloni di mettere lì; e voleva, ovviamente, un atlantista alla guida della Difesa, e sotto questo aspetto Guido Crosetto è una garanzia. Quando lei è salita sul Colle per ricevere l'incarico, queste caselle erano già state definite. I cambiamenti dell'ultima ora (il ministero dei rapporti col parlamento affidato a Luca Ciriani, Lupi fuori dal governo, il senatore forzista Paolo Zangrillo uscito inaspettato dal cilindro...) sono farina del sacco della premier, sulla quale il capo dello Stato non ha avuto da obiettare. E adesso si continua a correre. La presidente del consiglio, emozionata, al termine del colloquio col capo dello Stato ha letto la lista dei suoi ministri senza aggiungere altro.

È stato Mattarella, poco dopo, a ricordare quanto il fattore tempo sia importante: «È passato meno di un mese dalla data delle elezioni. È stato possibile per la chiarezza dell'esito elettorale, ed è stato necessario procedere velocemente anche in considerazione delle condizioni interne e internazionali che esigono un governo nella pienezza dei suoi compiti». Il presidente della repubblica ha ringraziato Draghi e la sua squadra e sottolineato che avrà «lo stesso spirito di collaborazione» nei confronti del governo che si insedia oggi. Se sarà così, se il filo istituzionale che lo lega alla Meloni reggerà, lei avrà al Quirinale qualcuno su cui contare, e tutto fa credere che ne avrà un gran bisogno.

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