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Corrado Formigli, il "suicidio perfetto": come porta la Meloni al 40%

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Provate a immaginare se al povero Corrado Formigli capitasse in sorte di scoprire che suo figlio è di destra. E che cosa gli resterebbe da fare il giovedì sera, se non schiaffeggiarsi da solo? Perché - ormai è chiaro - è il conduttore di Piazzapulita il più formidabile propagandista della destra italiana: è grazie a lui se gli italiani si sono convinti a buttare la sinistra più o meno estrema all'opposizione. Alla larga dal potere, hanno intimato, sei compagni sono così. Il povero Formigli non dorme dalla notte tra il 25 e il 26 settembre, quando ha scoperto chi ha vinto... È un uomo distrutto ormai, e lo share della sua trasmissione dipende dalla bile. Un capolavoro. Senza le sue performance indubbiamente sarebbe stato più difficile vincere le elezioni.

E ora si dà da fare per portare Fdi al 40 per cento e il centrodestra oltre il 60. Sennò non si spiegano le sue intemerate contro Giorgia Meloni (e senza trascurare Salvini e Berlusconi). I fiori li dovrà mandare Giorgia a Corrado, come ringraziamento sincero. Anche la trasmissione andata in onda giovedì sera non è sfuggita al format "votate sempre a destra". L'altra sera si è fatto spalleggiare da quel sant'uomo di Carlo De Benedetti che ha dato vita ad un foglio chiamato Il Domani per riempire di insulti chiunque navighi verso destra. E giovedì non ha smentito il clichè che si è dato, con contumelie in direzione della premier praticamente su tutto: rave, no vax e persino su come appellarla. Eppure basterebbe chiamarla Giorgia, come ha suggerito proprio lei. Ma non dovevano espatriare entrambi, Formigli e De Benedetti, assieme al nugolo di resistenti che inorridivano al solo pensiero di veder governare il centrodestra in Italia?

Macché, ce li dobbiamo tenere pure se straparlano di rave in tv. Nessuno ha spiegato a Formigli che la norma realmente innovativa è quella che sta a cuore al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che vuole la confisca di beni e strumenti degli organizzatori di raduni illegali: senza questa sanzione, continueranno a venire in Italia e non altrove. Qui vengono tutti a fare quello che gli pare e per chi considera drogarsi un diritto e non un delitto contro se stessi e la società, tutto viene considerato lecito. No, Formigli finge di attaccare sul divieto di dissentire - che è una frescaccia - attribuito al governo attuale e dimentica - lo smemorato - quanta gente è stata ridotta in cattività dai governi di ieri. E lui muto. Anche se all'inizio della pandemia gozzovigliava con gli involtini primavera per spiegare al popolo ignorante che il Coronavirus era una fesseria. Mai dimenticare. Per lui e per tanti altri come lui, l'inizio della pandemia gialla coincise con la tutela di qualunque prodotto venisse dalla Cina. E che diamine, compagni.

È l'Italia dei diritti senza i doveri. È la cultura del piagnisteo senza senso. È la sinistra che approfitta del piccolo schermo senza voti. Formigli piagnucola a Piazzapulita (e lagnosa) persino sui medici che tornano in servizio due mesi prima di quanto previsto da Draghi. I famosi no vax. Ci resti lui senza medici negli ospedali. Quei camici bianchi hanno accettato anche di restare mesi senza stipendio per non soggiacere ad un comportamento che non condividevano. Lui ci starebbe un'ora sola senza paga? Chi ha invece paura di ammalarsi, ha una cura infallibile: smettere di guardare Piazzapulita. Si salva lo stomaco, almeno. Perché delle balle propinate senza pagare dazio francamente non se ne può più. È un modello di giornalismo - quello in voga a Piazzapulita e non solo - che davvero non aiuta a capire come cambia la società. Ma procede per obiettivi: quello mi è nemico e deve diventare nemico per tutti. La droga scombussola la mente e il corpo, la tv - questa tv - punta a sotterrarti. A Formigli, che strilla per la norma contro i raduni illegali, basterebbe ricordare che ci fu chi ricevette il foglio di via da Roma non perché manifestasse con altri 50 suoi compari, ma da solo e in modo assolutamente pacifico. Con un tavolino in piazza del popolo. Si chiamava Stefano Puzzer, da Trieste. Quella fu repressione del diritto a dissentire.

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