Cerca
Logo
Cerca
+

Rampelli, orgoglio tricolore: "Qui si parla italiano", la sinistra impazzisce

Esplora:

Massimo Arcangeli
  • a
  • a
  • a

Tra Sette e Ottocento, specie in poesia, era costume diffuso italianizzare le voci straniere, compresi i nomi di luogo e di persona: i neoclassici accolsero Austerlizze e Osterlizza per Austerlitz, Muratte per Murat, Mirabbo per Mirabeau; Carducci, in un componimento di Giambi ed Epodi, arrivò a usare Versaglia per Versailles e le Tuglierì per les Tuileries; in una poesia di Giovanni Camerana leggiamo Valalla e Chamonì; fu apprezzato da molti caòsse per caos. "Licenze poetiche"', inaccettabili obbrobri, assimilazioni forzate?

Dispensatore a traduzione di dispenser è un caso senz' altro diverso, ma suggerisce una riflessione sulle buone, cattive o mediocri traduzioni. Vogliamo di volta in volta proporre, come avviene in alcuni paesi - Francia e Spagna, anzitutto, ma anche la Germania - più attenti del nostro alla valorizzazione della lingua nazionale, sostituti nostrani di voci forestiere? Perché no, ma facciamolo bene.

Intanto, per dispensatore, non stiamo chiaramente parlando di un governatore o un amministratore, di un economo o un tesoriere, di un elargitore di premi odi favori, di consigli o privilegi, di parole di conforto o perle di saggezza, di un ministro di cresima o di comunione, di un ordinatore (o regolatore) del mondo o dell'universo. Il dispensatore in questione è invece un dispositivo, un apparecchio, una macchinetta per la distribuzione di varie cose (bibite, gomme, sigarette, pillole, benzina, fazzoletti, ecc.). Meglio allora erogatore, o distributore, sebbene dispensatore non sia inammissibile.

In secondo luogo, se si vuole prendere il toro per le corna, ha poco senso intervenire quando è ormai troppo tardi. Si traduca il forestierismo al momento del suo ingresso in italiano (il lockdown, per es., poteva essere fin da subito un distanziamento sociale). Da tempo l'Accademia della Crusca, attraverso il gruppo Incipit, fa proprio questo: propone equivalenti indigeni di stranierismi entrati di recente (richiamo per booster, verifica concordata per compliance, violazione dei dati per data breach, ecc.). Una traduzione lessicale dev' essere infine congrua, perspicua, intelligente. Ha scritto un fine letterato e filologo come Cesare De Lollis: «Italianizzare è nobilitare. È gittare un manto di porpora sulle spalle di un barbaro» (Saggi sulla forma poetica dell'Ottocento, a cura di Benedetto Croce, Bari, Laterza, 1929, p. 111).

Durante il Ventennio la Commissione per l'Italianità della Lingua della Reale Accademia d'Italia, incaricata di espungere dall'italiano i termini stranieri e di proporne efficaci traduzioni nel patrio idioma, si trovò ad affrontare, in tre anni di attività (1940-43), diversi casi difficili. Come rendere, per esempio, l'ostico camion? La risposta definitiva è nel verbale dell'adunanza del 24 novembre 1941: autocarro, trattore, autocarro a cingolo. Tre per quell'unico esemplare che non avrei mai scambiato, come il mitico, imbattibile fustino del detersivo per panni di un vecchio spot-tormentone. Erano anni, quelli del regime, in cui il "purismo di Stato" aveva imposto scelte spesso impopolari e radicali che alcuni provarono ripetutamente a edulcorare; anni di fermento nomenclatorio e traduttorio, di una "immaginazione al potere" da cui è scaturito un incredibile florilegio di surrogati autarchici di anglicismi, francesismi, ispanismi, esotismi in molti casi improponibili: da ludo (e diporto) per sport a spirito d'avena per whisky, da giro di botteghe per shopping a buttero americano (e domatore) per cowboy.

Dai blog