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Immigrazione, Fazzolari: "Ong, ecco il decreto che le fermerà"

Antonio Rapisarda
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Uno dei suoi momenti preferiti è il tragitto quotidiano che faceva da Palazzo Madama, e che adesso fa da Palazzo Chigi, verso casa. Circa un'ora per pensare, da solo, da Maccarese a Roma. E ritorno. Dal giorno del giuramento i colloqui con sé stesso, per Giovanbattista Fazzolari - uomo del programma di Fratelli d'Italia, la persona più vicina a Giorgia Meloni che l'ha fortemente voluto come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Attuazione del programma -, sono lievitati. «Ciò che stiamo facendo può migliorare o peggiorare la vita degli italiani - spiega in questa lunga intervista a Libero -. È un qualcosa che è impossibile vivere a cuor leggero. Ecco perché il viaggio in macchina resta un momento fondamentale per mettere a fuoco tutto questo».

Come vi hanno lasciato l'Italia?
«Abbiamo ereditato una situazione di grande confusione. Le faccio due esempi. Tutto quello che riguarda la "macchina pubblica" del Pnrr è ancora un enorme cantiere. Abbiamo strutture con migliaia di consulenti chiamati negli ultimi giorni del precedente governo. L'intera filiera deve essere ancora messa in moto. Sui conti pubblici, poi, abbiamo ereditato una situazione allarmante "grazie" al Superbonus 110% concepito dai grillini: un costo che possiamo stimare attorno ai 60 miliardi. Tutte risorse destinate ad efficientare meno dell'1% degli immobili italiani: e questo a favore prevalentemente di fasce di reddito medio -alte. E il paradosso è proprio questo: una forza come il M5S alla fine ha lasciato in eredità un enorme fardello. Risorse che sono state tolte a lavoratori, pensionati, imprese per la campagna di Conte: quella del "tutto gratis"».

In cosa si differenzia il "metodo Meloni"?
«Giorgia Meloni è una persona che ha come obiettivo della propria "esistenza politica" lavorare per risollevare l'Italia. E in nome di ciò non è disposta a cedere a compromessi al ribasso o a scorciatoie. A costo di scontentare più d'uno. Del resto lo ha detto lei stessa: non è ricattabile».

C'era molto scetticismo sulla vostra capacità di licenziare i primi provvedimenti economici. Poi sono arrivati 32 miliardi fra decreto Aiuti quater e Finanziaria. E dall'Ue non abbiamo sentito le "sirene" d'allarme.
«Lo spread, da quando è in carica il nostro governo, è continuamente sceso andando sotto i 200 punti base. C'è gran de ottimismo al momento sui mercati. Non c'è nessuna apprensione a livello europeo perché c'è la consapevolezza che è arrivato un governo che ha intenzione di fare seriamente le cose. E non più uno di quelli disposti a mettere in difficoltà i conti pubblici pur di raccattare qualche voto».

A sinistra speravano nello stigma europeo sull'economia. Al momento, però, l'unico appiglio per Letta & co è stato contrastare la vo stra "tolleranza zero" sui rave: dicono che con questo vo lete silenziare le piazze.
«Mi sfugge il nesso. Da parte nostra c'è semplicemente la volontà di far rispettare la legge. A proposito di piazze: le uniche misure liberticide negli ultimi sono state quelle fatte dai recenti governi che hanno ridotto le libertà fondamentali dei cittadini. La cosa che fa arrossire in tutta questa storia è che le stesse persone che vor rebbero che al mondo dei rave fosse concessa una zona franca, sono le stesse che pretendo no per gli esercenti che lavorano legalmente ogni sorta di vessazione».

Sull'innalzamento del li mite al contante e sulla pace con i medici no vax la vostra contro -narrazione si basa sulla "libertà". Perché per voi ciò non fa rima con "irre sponsabilità"?
«Sono entrambe forme di li bertà che in nessun modo au mentano la criminalità, l'insicurezza o danneggiano in qua lunque modo la collettività. Sul contante ci parametriamo alla media europea. Sul Covid, invece, ci si baserà esclusiva mente sulle evidenze scientifiche e non su degli assunti che avevano preso i contorni di dogmi. Si farà solo ciò che è oggettivamente certo sia utile ai cittadini. E non ciò che - come è accaduto in passato - ri sulta funzionale in primo luogo a un certo governo».

Sulle Ong è arrivata la prima crisi europea. O meglio, con la Francia.
«Siamo rimasti molto stupiti dalla reazione francese. Ma a dire il vero tutti in Italia sono rimasti stupiti. Neanche a sinistra si sono schierati nel difendere la reazione di Macron. Perché oggettivamente è difficile da spiegare. I francesi hanno risposto in modo brutale come se fosse arrivata nelle loro coste una nave piena di scorie radioattive. È un cortocircuito nella loro stessa narrazione: come fanno a dire che l'immigrazione che arriva nelle coste italiane non è un problema, che è solamente un racconto distorto della destra italiana, e poi reagire in questo modo perché sbarca la "prima" Ong della storia con 230 migranti?».


La notizia è che nessun partner ha seguito l'appello di Macron: isolate l'Italia.
«Appunto. Il cortocircuito è risultato evidente a tutti: in Italia e in Europa. Tant' è vero che questa alzata di scudi augurata dall'Eliseo non è arrivata. Al contrario: ciò che è successo - come dimostra la nota delle Nazioni del Sud Europa contro il piano di solidarietà comunitario - ha enormemente rafforzato il governo Meloni anche in Europa. Perché chiunque si sia preso la briga di attenzionare meglio il dossier si è reso conto che la situazione è indifendibile. Non esiste nessuno in Europa che abbia detto: gli italiani dovrebbero tacere e accogliere tutti i migranti. Al contrario. Persino il Santo Padre su questo punto è stato chiarissimo».


I cugini d'Oltralpe al momento non sentono ragione.
«Da parte nostra, è chiaro, abbiamo tutta l'intenzione di far rientrare questa crisi con la Francia. Proprio perché noi con loro abbiamo grandi interessi comuni: dall'energia alla revisione del Patto di stabilità. La soluzione passa non dallo scontro ma dal buon senso, dalla legalità e dal rispetto reciproco. Come? Cambiando impostazione. A partire dal riconoscere che il problema immigrazione riguarda tutti; che la soluzione non può che essere il controllo della partenza delle imbarcazioni; e quindi l'Europa deve intervenire in modo strutturale in tutta l'Africa. Servono politiche serie di aiuto ai Paesi africani e accordi con i Paesi del Nordafrica, così come è stato fatto con la Turchia per governare i flussi migratori. Questa è l'unica road map possibile».

È vero o no che una certa rigidità sul punto di Palazzo Chigi derivi dal fatto che lei è descritto come un falco anti-francese?
«Questa accusa non sta in piedi. Ho una grande stima per l'amor patrio francese, mi appassionano i suoi romanzieri ed ho sempre ammirato De Gaulle. Proprio per questo penso che il modo migliore per rafforzare l'intesa fra i nostri popoli sia ripristinare un rapporto di parità e non di subalternità».


In attesa che l'Europa si ponga una volta per tutte come l'attore principale sul fronte immigrazione le Ong continuano a scorrazzare. Su questo fronte avete annunciato nuovi provvedimenti.
«Sì. Arriveranno necessariamente dei decreti perché le Ong non possono continuare ad agire nella totale illegalità.
Le faccio un esempio: se annunci chiaramente che stai avviando una missione per andare nel Mediterraneo a trasportare centinaia di persone allora devi essere attrezzato per questo. Ma ciò non accade e quindi le persone che vengono trasportate sulle Ong sono esposte a rischi e difficoltà. Ecco, questo è un profilo di illegalità che fino ad ora non è stato perseguito».


Il vostro governo ha riportato al centro alcune parole d'ordine: sovranità, merito, natalità. Linguaggio regressivo per i liberal.
«È simpatico come alcune di queste parole che la sinistra reputa identitarie, di destra, sono le parole presenti nella nostra Costituzione: quella che viene sempre richiamata come la più bella del mondo. Vale per il temine Nazione come per sovranità, merito e natalità. A cui aggiungo Patria: è stato FdI a rilanciarlo nel dibattito pubblico. Le cose vanno così: la sinistra espelle dal linguaggio comune le parole dei padri costituenti. Noi le rimettiamo al centro. Ciascuno tragga le proprie conclusioni».

 

Il premier è Giorgia: donna, madre, cristiana. Giovanbattista, oltre ad essere "Fazzo" - il suo braccio destro - chi è?
«Sono state attribuite tante di quella "braccia" a Giorgia Meloni che risulta averne oggi più della Dea Kali. La verità è che Giorgia non ha bisogno di un braccio destro. Ha sempre fatto emergere le sue qualità in modo del tutto autonomo. Per ciò che mi riguarda posso dirle chi ambisco ad essere. C'è un bel libro di Franco Cuomo sugli ordini cavallereschi dove sono riportati i motti più famosi: tutti molto complicati e "alti". Fino a quando ne cita uno di un ordine simil-cavalleresco del Pacifico che dice semplicemente: "Sii uomo". Credo che sia questa la massima ambizione alla quale posso tendere».

Una delle sue metafore ricorrenti è quella del "cigno nero": di come adattarsi di fronte a un evento imprevisto. Rappresenta proprio questo l'esecutivo di destra-centro per il quadro europeo?
«Non credo in realtà che il governo Meloni sia il "cigno nero": ossia un evento inaspettato. Anzi: è il compimento naturale di un percorso. Da molti anni gli italiani chiedono un governo come quello attuale: un esecutivo che tuteli l'interesse nazionale, che difenda famiglie e imprese. Che anteponga l'interesse della collettività a quello delle consorterie. Le dico di più: penso proprio che questa formula possa diventare il primo volo di una nidiata di governi altrettanto rappresentativi anche nel resto d'Europa».

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