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Le cose buone fatte dal Pci? Ecco come ha devastato l'economia

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Iuri Maria Prado
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Siccome ho scritto che in Italia non ci sono state cose buone fatte grazie ai comunisti, né cose cattive che siano state fatte senza il loro contributo, il mio amico Piero Sansonetti, direttore de Il Riformista, mi ha rinfacciato l'elenco di positive acquisizioni che si dovrebbero all'iniziativa di quella tradizione politica. Scrive Sansonetti: «Divorzio, aborto, riforma sanitaria, riforma psichiatrica, 150 ore...». 

Ora, divorzio e aborto (che non tutti giudicano cose buone) non solo non si ottennero per iniziativa comunista, ma anzi quel partito assai malvolentieri, e non per convinzione, si risolse infine a non avversare quelle due riforme. La riforma sanitaria, appunto una delle cose pessime cui il Pci contribuì, ha devastato la pubblica economia e ha imposto un monopolio illiberale e anti-concorrenziale anche più ingiusto e inefficiente rispetto al pregresso sistema mutualistico, e in nome dell'universalismo ha prodotto l'intreccio di corruzione e malaffare di cui fanno le spese proprio i più bisognosi tra gli obbligati a sottoporvisi. 

La riforma psichiatrica sarebbe pietoso lasciarla da parte, una legge antireferendaria ripudiata dallo stesso (Basaglia) cui continua demagogicamente a essere riferita. Infine, le cosiddette «150 ore per il diritto allo studio», una specie di presidio di tipo cubano che non aveva nulla a che fare con ciò che si fa nelle democrazie decenti, cioè apprestare un sistema scolastico e dell'istruzione capace di tirar su la gente senza mezzi, ma era rivolto a riaffermare "il diritto operaio al sapere", ovviamente nel quadro della retorica operaista che ha garantito agli operai italiani i salari più bassi dell'Occidente avanzato. 

Non voglio dilungarmi, e ovviamente il discorso meriterebbe ben altro spazio di approfondimento. Ma sono parole contrarie ai fatti le cose buone apportate dai comunisti a questo Paese. E sono fatti contro le parole quelle invece cattive.

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