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Valditara, ora Montanari censura chi condanna il comunismo

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Iuri Maria Prado
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Il professor Tomaso Montanari, rettore dell'Università per stranieri di Siena e influencer de La7, quello che delle foibe si può parlare ma poco poco, con giudizio, perché se no si fa "revanscismo fascista", quello dei cessi inclusivi opposti alle odiose toilette omotransfobiche, ieri, sul Fatto Quotidiano, ha scritto che se fossimo un Paese liberaldemocratico il ministro Valditara «sarebbe cacciato seduta stante a calci nel culo».

La colpa di Valditara è nota: ha scritto alle scuole una lettera, con invito a «riflettere e a discutere» a proposito dell'esperienza comunista nella ricorrenza dell'anniversario della caduta del Muro di Berlino. Ebbene, se dal punto di vista liberale (e si sospetta che non sia il punto di vista del professor Montanari) ci può essere qualcosa di discutibile nell'iniziativa di un ministro che sollecita le scuole a discutere e a riflettere su alcunché, resta che qui si è fatta polemica non in omaggio a questa perplessità ma solo e soltanto perché l'oggetto della riflessione era quel tabù: cioè la devastazione prodotta dalla peste comunista.

 


Il professor Montanari, nel suo articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano, insiste sulla solita manfrina dei comunisti italiani che hanno contribuito a fondare la Repubblica democratica, che hanno partecipato alla stesura della Costituzione, eccetera, tutte cose vere e risaputissime da chiunque ma puntualmente adoperate a negatoria della realtà di cui invece non si parla: e cioè che la verità del crimine comunista non fa parte del patrimonio delle comuni conoscenze, e non ne fa parte proprio per la mancanza di discussione e riflessione cui la lettera del ministro, magari inopportunamente, riteneva di dover porre rimedio.

 


Un qualsiasi studente, anche perché glielo martellano in testa dal momento del concepimento, sa qualcosa della Repubblica nata dall'antifascismo: non sa nulla, perché nella Repubblica antifascista non c'è posto per queste verità strumentali, di tanta buona roba fatta da quelli che agitavano gli stessi simboli dei comunisti nostrani. Non sa, quello studente medio, che tra l'autunno del 1937 e quello dell'anno successivo ci furono nella gloriosa patria del comunismo sovietico settecentomila fucilati e trecentomila morti durante interrogatorio. Non sa che lì arrivava a sessant' anni il trenta per cento della popolazione, mentre altrove la percentuale andava dal settanta all'ottanta. Non sa delle statistiche maoiste sulla quantità di persone da sopprimere per realizzare il programma collettivista. E via di questo passo. Quando queste cose saranno insegnate nelle nostre scuole (magari potrebbe cominciare a insegnarle il professor Montanari), allora potremo essere severi con Valditara. 

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