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Soumahoro, la testimonianza drammatica: "Non c'era neppure il cibo"

Salvatore Dama
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Il povero Aboubakar Soumahoro finisce vittima della più infima "giustizia a orologeria". In questa storia di presunti mancati pagamenti, irregolarità contrattuali e umiliazioni varie ci sono tutti gli ingredienti: un "sindacato di estrema destra" - la Uil - che raccoglie la denuncia dei soliti migranti "neofascisti" e la "stampa reazionaria" - Repubblica- che infanga l'immagine cristallina del deputato difensore degli ultimi. E che paradosso: perché sono proprio gli ultimi a infamare la sua famiglia. Ma lui, Abou, non c'entra niente. La vicenda che segue riguarda due cooperative (Karibù e Aid) che si occupano di accoglienza dei migranti, riconducibili alla suocera Marie Terese Mukamitsindo e alla moglie Liliane Murekatete. Non sono indagate. Ma oggetto di accertamenti in corso. Tutto parte da una segnalazione fatta dalla Uiltucs. Il sindacato ha raccolto le testimonianze dei lavoratori delle cooperative, ma anche degli ospiti. I primi hanno raccontato di non ricevere lo stipendio da quasi due anni e di aver lavorato in nero; i secondi hanno riferito delle pessime condizioni riservate dalle strutture ai migranti. Che, in alcuni casi, sono minori.

 


LE PROVE
Fin qui le "chiacchiere". Prese però sul serio dalla Procura di Latina, che ha aperto un'inchiesta. Gli inquirenti hanno acquisito materiale probatorio fatto non solo di denunce (quelle dei lavoratori), ma anche di screenshot e altri documenti trovati nella monnezza a Sezze, dove ha sede una delle due cooperative. Cosa dicono questi migranti "ingrati"? Per esempio ce n'è uno, Nader, minorenne, ospite in una struttura a Latina, che pensava di trovarsi all'Hilton. E invece: «L'elettricità e l'acqua sono state tagliate per molto tempo, non c'era cibo né vestiti», si è lamentato con il sindacato, «stavamo lavorando e poi ci hanno spostato in un posto a Napoli peggiore del primo e tutti quelli che lavorano qui sono razzisti».

 


Luce, acqua, vestiti, cibo: quante pretese. Una versione che riecheggia nelle parole di Ziyad, 16 anni: «Il vitto non era buono e non c'era acqua né elettricità. Dopo tutto questo hanno chiuso a chiave questa casa perché non c'erano soldi». Un altro, Ahmed, ha raccontato alla Uiltucs di non aver ricevuto «denaro e vestiti» dalla cooperativa della suocera del deputato dell'Alleanza Verdi e Sinistra. Abdul, 17 anni, conferma la "maldicenza". Aggiungendo: «Ci hanno anche maltrattati». Migranti "pretenziosi". Si aspettavano il menù degustazione dello chef Cannavacciuolo. La loro è una versione difficile da credere, visto che la signora Marie Terese Mukamitsindo, suocera di Soumahoro, è una donna di successo, ha vinto il Moneygram Award 2018 come imprenditrice dell'anno di origini straniere in Italia. E questo premio (conferito da Laura Boldrini) mica si vince così, solo perché sei parente del sindacalista simbolo dei braccianti. No, si cercano riscontri, si fanno indagini, verifiche, controlli... Già, i controlli. Un dato è certo ed è il ritardo nei pagamenti. Debiti per circa 400mila euro.

 

«Tali somme, corrispondenti a competenze non pagate», ha sostenuto il sindacalista Gianfranco Cartisano, «sono state confermate dalle coop Karibù e Consorzio Aid, che dopo richieste di intervento inviate da Uiltucs all'Ispettorato avevano raggiunto accordi sul pagamento dilazionato delle spettanze, purtroppo oggi non rispettato».
Le coop hanno dato la colpa allo Stato che ritarda gli assegni a chi si occupa dell'accoglienza dei migranti. Ma secondo il sindacato le cose non stanno così: «Gli enti, compreso l'Ufficio territoriale del governo, non hanno ritardi sul pagamento dei servizi. Dove sono e dove finiscono i soldi pubblici erogati?». Il sindacato va oltre.
E sostiene che alcuni lavoratori siano stati tenuti in nero, mentre ad altri sarebbero state sollecitate fatture false.
 

 

IMBARAZZATO SILENZIO
Insomma: questi migranti "pretendevano" di ricevere uno stipendio e anche con regolarità. Davvero troppo. Tanto che Soumahoro sbrocca. «È tutto falso», dice. E comunque «io non c'entro niente e non sono indagato». Semmai è un problema della moglie e della suocera. Il deputato minaccia querela a chi dovesse riprendere la notizia. Ed è anche uno parecchio incazzoso, Abou. Lo sanno i suoi ex compagni dei Cobas, che si erano permessi di domandargli dove fossero finiti i soldi, «centinaia di migliaia di euro», raccolti per portare cibo nei ghetti. Lui ha denunciato subito, chiedendo 25mila euro di risarcimento. Reazioni? La sinistra tace. Fratelli d'Italia annuncia una interrogazione parlamentare.

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