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Alessia Morani, attacco al Pd: "Scollati dalla realtà"

Elisa Calessi
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Alessia Morani, è soddisfatta del percorso tracciato sabato dal Pd, che si conclude con le primarie il 19 febbraio?
«È una mediazione che non accontenta e non delude nessuno. Io avrei preferito primarie a gennaio, però capisco che le esigenze erano diverse.
In ogni caso, ora cominciamo».

Ha capito in cosa consiste il congresso costituente? L'impressione è che si ridurrà a un'operazione per far rientrare Articolo Uno e consentire a Elly Schlein di candidarsi alla segreteria. O sbaglio?
«La fase costituente serve per allargare il perimetro del Pd e aprire le porte del nostro partito, cosa utile e opportuna in questo momento. Abbiamo la necessità di allargarci, come orizzonte culturale e politico. Tutti quelli che arrivano sono i benvenuti».

Non sembra però ci sia la fila. Chi può volere entrare nel Pd?
«Penso che dopo che ci saranno le candidature in campo l'attrattività del Pd sarà maggiore. È chiaro che un gruppo dirigente che ha fallito le elezioni, e dunque è in uscita, non può avere attrattività. Ma le candidature servono a questo. Dobbiamo partire dai 6 milioni di elettori che ci hanno votato, più quelli della nostra area politica, ma non sono andati a votare. Credo sarà un bel congresso, torneremo a essere un punto di riferimento per tante persone deluse, ma che hanno voglia di rimettersi in gioco».

 

 

 

Dice: un gruppo dirigente in uscita. L'impressione, però, è che nessuno intenda uscire.
«È questione di tempo. È vero che sembra un gruppo dirigente fermo e cementato nei propri ruoli, ma con un nuovo leader inevitabilmente sarà cambiato».

Ci vuole un po' di rottamazione?
«La rottamazione ha avuto molti limiti, non credo neppure all'azzeramento dei gruppi dirigenti. Quello che servirebbe è che chi ha avuto ruoli di guida fino a oggi, consentisse a una nuova classe dirigente di farsi avanti. Chi ha guidato il Pd negli ultimi anni accompagni il ricambio».

E qui arriviamo alle "correnti", architrave del Pd. Sono la causa dei mali o è inevitabile ci siano?
«Il valore di un partito lo misuri dalla vivacità culturale che ha al suo interno. Le correnti dovrebbero corrispondere a questo. Se diventano gruppi di potere fini a se stessi sono un male».

C'è chi ha chiesto di abolirle.
«Non vorrei che fosse un modo per sostituire alle vecchie, nuove correnti. Sarebbe bene esercitarsi su elaborazione politiche, sul fatto che le idee diventino maggioranza e convincano gli elettori. Mentre vedo molta ipocrisia in questo dibattito sulle correnti».

 

 

 

Dagli interventi dei delegati è emerso un quadro sconsolante: non c'è più voglia di tesserarsi, si mandano mail a cui nessuno risponde. Cosa succede?
«Quando dicevo che il Pd ha un problema con la realtà, dicevo questo. Molti dei nostri dirigenti al Nazareno non hanno la percezione di ciò che pensa realmente un iscritto del Pd o un segretario di circolo. È venuto fuori il quadro di un disagio che a Roma non hanno visto o hanno fatto finto di non vedere. Per questo mi convince la proposta politica di un segretario che parte dai territori».

Si riferisce a Stefano Bonaccini?
«Sì. Stefano ha la solidità politica per guidare un partito del centrosinistra. Mi convincono le sue parole d'ordine e penso che possa essere quel giusto mix di pragmatismo e visione politica che ci serve».

Molti dicono: è un bravo amministratore, ma non un leader.
«Ha dimostrato nel momento peggiore del Pd di battere la destra. Ha sconfitto un candidato della Lega, con un Salvini che allora era al 34%. Ha dimostrato sul campo di avere la caratura del leader, attraverso la capacità di convincere i propri elettori anche andando molto oltre il Pd. Per questo penso possa guidare il Pd. Verso il centro, ma anche verso sinistra».

Contro di lui forse correrà Elly Schlein. Lei che ha fatto tante battaglie denunciando il "maschilismo" del Pd, perché non la appoggia?
«Vediamo se si candiderà. Quello che mi divide dalla Schlein è la cultura politica. La apprezzo molto perché è una donna capace, forte, ma non mi convincono le sue idee. La mia scelta al congresso non avverrà sulla base del genere, ma sulle idee».

Gran parte dell'attuale gruppo dirigente sembra pronto ad appoggiare Schlein. Come se lo spiega?

«Quando avrò più chiaro il quadro di alleanze risponderò. Se dovesse essere così, sarà problematico per lei essere convincente. Se si vuole rappresentare novità e poi si ha il passato al proprio fianco, è complicato».

Alle regionali il Pd deve continuare a cercare un'intesa con il M5S?

«Devono decidere i territori sulla base della loro esperienza e di ciò che ritengono più opportuno».

Lei aveva definito la candidatura di Letizia Moratti in Lombardia "un'opportunità" per il centrosinistra. Le hanno risposto che Moratti era di destra. Si è convinta?

«Potevamo convergere su Moratti se il Terzo Polo fosse stato disponibile ad un confronto ed alle primarie. Purtroppo non è stato possibile. Pierfrancesco Majorino è un ottimo amministratore e ha già dimostrato di saper trovare voti sul campo. Con la destra divisa dopo l'uscita della Moratti questa volta possiamo davvero vincere».

Vede il rischio di una scissione nel Pd o di un suo dissolvimento?

«Se il congresso è fatto bene, non c'è nessun pericolo di scissione o dissolvimento. Dobbiamo tornare a esser convincenti e vincenti. Questo è l'obiettivo del congresso». 

 

 

 

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