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Meloni, "rissa" coi giornalisti? Retroscena: la frase che ha scatenato il caos

Antonio Rapisarda
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Giorgia Meloni presenta la prima manovra del suo governo. Gli occhi del mondo sono fissi sul merito di una legge che è già uno snodo cruciale per un esecutivo sorto solo da un mese: l'attenzione degli osservatori internazionali è morbosa sui conti, la tenuta finanziaria, le misure anti-crisi previste. Al netto, ovviamente, della curiosità sul tasso di discontinuità con la precedente gestione Draghi.

 

 

 


Dopo un'ora di presentazione - con il premier affiancato dai ministri coinvolti direttamente nella stesura - giungono le domande della stampa. Tutto fila liscio, con il botta e risposta vivace su questioni inerenti al cuneo fiscale, al reddito di cittadinanza e così via. Spunti e appigli per mettere sotto pressione il governo però non sembrano essercene: del resto né i falchi di Bruxelles né le solite agenzie di rating hanno avuto argomenti per tuonare sulla legge di Stabilità del destra-centro.

 

 


A un certo punto arriva la domanda di un cronista del Foglio che mette in mezzo la "pedagogia" sul dossier Ong. Proprio così: ossia, citiamo, se lo scontro con la Francia «le ha insegnato ad avere un approccio meno propagandistico nei confronti dei Paesi partner». Da questo momento la conferenza stampa assume un'altra piega. La risposta del presidente del Consiglio non si limita all'appunto sul modo, discutibile, con cui la questione è stata posta («Guardi è una vita che voi volete "insegnarmi" qualcosa. C'è modo e modo di fare le domande...») ma è stata l'occasione per ribadire la postura - sua, del governo e dunque dell'Italia - rispetto alle questioni internazionali.

«Non mi ha insegnato niente (la reazione francese, ndr) - questa la precisazione -. Perché credo di avere fatto il mio lavoro, come sempre, difendendo gli interessi di questa Nazione. E non mi pare, differentemente da come è stato raccontato per troppo tempo, che stia crollando qualcosa qui intorno da quando è arrivato il nostro governo». Anzi, se «si parla di fare delle riunioni Ue per affrontare il tema dell'immigrazione» è perché l'Italia ha posto il problema «dei suoi diritti». Siparietto concluso da parte della stampa? Al contrario. Dopo aver risposto a un'ulteriore domanda, Meloni ha chiesto di poter andare via perché attesa a un incontro con Confartigianato.

 

 

 

LA PROTESTA - A questo punto è scattata la protesta di alcuni cronisti: la richiesta è di poter fare altre domande. I toni nei suoi confronti del premier tornano a scaldarsi: c'è chi è arrivato addirittura a lamentare i tempi dell'introduzione del suo intervento. Insomma, un altro "insegnamento". La replica di Meloni non si è fatta attendere: «Ma questa è una legge di Bilancio! Penso che nessuno si aspetti che presentiamo la manovra in quattro minuti. Siamo persone seri». «Anche a Bali», ha aggiunto la voce in sala, «c'è stato spazio solo per tre domande». «Avevo un incontro con Xi Jinping», ha risposto a sua volta. E prima ancora Meloni non le ha certo mandate a dire a chi ha avuto da ridire proprio sulla modalità della conferenza stampa: «Fermo restando che non mi sembra che non siamo disponibili... mi ricordo che in altre situazioni siete stati molto meno "coraggiosi" e assertivi. Mettiamola così...».

 

 


 

 

I RIFERIMENTI STORICI - I riferimenti storici della punzecchiatura di Giorgia - che è rimasta a rispondere ancora alle domande - sono noti. È rimasto celebre, e non proprio da manuale del giornalismo "watch-dog", l'applauso scrosciante degli stessi cronisti parlamentari alla conferenza stampa di fine di Mario Draghi (e lo stesso accadde con Carlo Cottarelli e il suo trolley, quando rimise l'incarico esplorativo dopo qualche giorno). Non si ricordano poi, sempre in riferimento all'ex premier, strali o contestazioni nel giorno in cui SuperMario stabilì a quali domande non rispondere (come quelle sul Quirinale). Andando più indietro con i governi non vi è traccia di gesti plateali - come quello invocato ieri dalla nota della Fnsi contro Meloni, chiedendo la prossima volta di abbandonare la conferenza stampa - quando imperversava il metodo Conte-Casalino. Celebre la battuta dell'ex portavoce dell'allora premier 5 Stelle contro un tweet di un giornalista del Foglio che aveva preso di mira ironicamente la sua gestione di una manifestazione contro i vitalizi: «Adesso che il Foglio chiude, che fai? Mi dici a che serve il Foglio? Perché esiste?». Tutt' altro che morbido, infine, fu lo stesso Conte con un giornalista che in piena crisi pandemica osò chiedergli semplicemente lumi sull'operato del commissario Arcuri: «Se lei ritiene di far meglio», questa la risposta, «la terrò presente».

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