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Giorgia Meloni, il retroscena: che testa vuole far saltare al Mef

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"Un difficile equilibrio". Viene definito così il rapporto tra Giorgia Meloni e i tecnocrati. Non a caso, stando a quanto riportato, il presidente del Consiglio non avrebbe fatto mistero del clima teso arrivando a confidare: "Ho fatto questa finanziaria in poco tempo, utilizzando l'apparato del Mef. Di questo problema me ne occuperò più avanti". D'altronde la leader di Fratelli d'Italia ha passato un'intera esistenza politica a prendere di mira burocrati ed élite finanziarie, ora invece è costretta a mediare. 

 

 

Ma gli inizi non sono stati dei migliori. È Il Giornale a svelare le prime discussioni. Si parte dalla ricerca di un ministro dell'Economia che rassicurasse i mercati e i partner europei. Ecco allora che la scelta del premier si era focalizzata su due nomi: Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea (BCE) e Daniele Franco, ex ministro dell'Economia. Peccato però che nessuno dei due proferisse parola a riguardo. Da lì la decisione di proporre Giancarlo Giorgetti.

 

 

Eppure il leghista - sarebbe l'osservazione della Meloni - vanta una limitata esperienza internazionale. Poi c'è la questione Alessandro Rivera. Anche il Direttore Generale del Tesoro è al centro dello scontro politico sotterraneo tra il governo e i tecnocrati. Il motivo? Alcuni collaboratori della Meloni non avrebbero gradito come sono stati gestiti i dossier Ita e Mps. Finita qui? Neanche per sogno. E insomma, il suo nome sarebbe nel mirino. I fedelissimi del presidente del Consiglio non riescono a sorvolare sull'organizzazione del Ministero dell'Economia: il viceministro dell'Economia Maurizio Leo aveva proposto di spacchettare il suo dicastero scorporando il dipartimento delle Finanze competente per le questioni fiscali ma il progetto è stato accantonato. 

 

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