Fermezza

41 bis, perché è una trappola della sinistra contro il governo

Fausto Carioti

Vale in generale: «Penso che in questo momento storico il 41-bis sia indispensabile e sia necessario mantenerlo». E vale per il detenuto Alfredo Cospito: «Lo sciopero della fame non deve incidere sul 41-bis, le condizioni di detenzione non cambiano. Se lo facessimo, potremmo trovarci domani con centinaia di mafiosi che fanno lo stesso». Le parole di Carlo Nordio sono quelle di tutto il governo. E la lista delle ragioni è più lunga di quanto raccontino il guardasigilli e i suoi colleghi Matteo Piantedosi e Antonio Tajani, ieri mattina insieme in conferenza stampa per cementare la “linea della fermezza”.

Cospito, infatti, non è da solo sulla scena. Attorno a lui si muovono la mafia e gli insurrezionalisti armati in Italia e all’estero, mentre i reduci del terrorismo rosso stanno seguendo la sua storia con interesse. È lo stesso detenuto in sciopero della fame che intende costringere il governo ad accettare richieste che vanno oltre la sua vicenda personale: ad aprire quella che si potrebbe chiamare la “trattativa Stato-Cospito”.

Il messaggio arriva dalla prima pagina di Repubblica, e dall’articolo in cui si spiega che l’anarchico «vorrebbe che il regime di detenzione impermeabile riservato a mafiosi e terroristi», ossia il carcere duro, «fosse “completamente abolito”». Non solo per lui: per tutti. Posizione alla quale è arrivato scambiando «idee e analisi» con i detenuti con cui ha condiviso le ore d’aria, ossia un camorrista e due mafiosi, uno dei quali è un boss palermitano, ovviamente contrario al 41-bis. Cospito, dunque, si è fatto consapevolmente “portavoce” di una richiesta che appartiene anche ai vertici di Cosa nostra. Prendere in considerazione la sua richiesta sarebbe come trattare con la mafia.

 

 

 

IL PREZZO DA PAGARE

E qui occorre fare un salto indietro al 16 gennaio, il giorno cui è stato arrestato Matteo Messina Denaro. Subito sono fioccate le dietrologie. In particolare quella rilanciata, tra i tanti, dall’ex procuratore Roberto Scarpinato, ora senatore dei Cinque Stelle, in un’intervista a Repubblica. Secondo lui, la latitanza dello stragista è finita perché «i boss all’ergastolo stavano esaurendo la pazienza», e far passare il messaggio che con la sua cattura Cosa nostra può considerarsi sconfitta è la premessa «per il definitivo smantellamento delle leggi speciali antimafia, incluso il 41-bis».

Una parte dell’opposizione, insomma, è convinta che la cancellazione del 41-bis sia il prezzo che il governo prima o poi pagherà per l’arresto di Messina Denaro. E da qualche giorno, proprio in favore dell’abolizione dell’ergastolo ostativo e del carcere duro, si stanno battendo una parte della sinistra, La Stampa e Repubblica. Quest’ultima, ieri, ha ospitato un’intervista in cui Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani Pulite, spiega che «l’articolo 41-bis è incostituzionale» e che «la linea della fermezza ha portato all’assassinio di Aldo Moro».

Facile, a questo punto, immaginare cosa accadrebbe se il governo prendesse sul serio certi appelli: Meloni, Nordio e Piantedosi sarebbero accusati di aver adempiuto alla propria parte del baratto con Cosa Nostra, chiudendo così il cerchio della “trattativa”. «Se qualcuno di noi cambiasse idea all’improvviso e iniziasse a prendere sul serio l’ipotesi di abolire il 41-bis», spiega una fonte di governo, «questo pensiero da solo basterebbe a farlo desistere».

 

 

 

LA “SALDATURA”

L’altro soggetto che appare sempre più spesso nelle discussioni tra i ministri è il terrorismo degli anni di piombo. Rispetto ai gruppi armati di allora, Cospito e i suoi compagni a piede libero sono in uno stadio embrionale. Nessuno, però, esclude più la possibilità di una “saldatura” tra la violenza ancora disorganizzata degli anarchici di oggi e quella, strutturata e militarizzata, dei brigatisti di allora. «Tutti i nemici dello Stato e della democrazia, che siano anarchici, terroristi neri o rossi», ha spiegato Nordio, «tendono a coalizzarsi contro quello che ritengono il nemico comune. Quindi questo rischio c’è». Però, assicura, «in carcere è molto limitato, perché rivolgiamo la massima attenzione ad evitare queste forme di contatto e complicità».

Intanto, ha avvertito Piantedosi, ci sono tutti i segnali del «ricompattamento di frange della galassia dell’antagonismo». I gruppi che guardano a Cospito come leader hanno iniziato a fare rete con le altre realtà della lotta antisistema. Motivo per cui lo stesso ministro dell’Interno ha convocato per oggiil Comitato di analisi strategica antiterrorismo, composto dai vertici delle forze di polizia e dell’intelligence: si scambieranno le informazioni e decideranno le misure più efficaci per prevenire atti di violenza che lo stesso Piantedosi definisce «difficilmente intercettabili». Mentre all’estero, ha spiegato Tajani, è attiva «una internazionale anarchica mobilitata contro lo Stato italiano», che da novembre ha compiuto diciotto attacchi alla rete diplomatica e consolare, costringendo la Farnesina ad innalzare le misure di sicurezza.

UN DETENUTO QUALUNQUE

Cedere alle richieste di Cospito, o comunque lasciarsi condizionare dalla sua protesta, significherebbe quindi fare lo stesso con tutti questi altri attori. Mentre l’esecutivo ha l’interesse opposto: depoliticizzare la vicenda dell’anarchico, non legittimare le sue richieste ed impedire così che egli appaia come una controparte del governo. Anche per questo, oltre che per ragioni di diritto, Nordio ripete che sull’applicazione del 41-bis, contro la quale il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, «la magistratura è sovrana e il ministero non può minimamente intervenire». Cospito deve essere trattato come un detenuto qualsiasi, a maggior ragione perché tanti vogliono che non lo sia.