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Maurizio Bettazzi, vita rovinata dai giudici: cosa significano questi manifesti

Paolo Ferrari
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«Guardi, i pubblici ministeri che mi hanno indagato hanno fatto entrambi carriera: Antonio Sangermano è ora uno dei più stretti collaboratori del ministro della Giustizia Carlo Nordio, a capo del più importante dipartimento di via Arenula, mentre Lorenzo Gestri è alla Procura antimafia di Firenze», afferma Maurizio Bettazzi, ex presidente del Consiglio comunale di Prato, assolto con formula piena la scorsa settimana dall’accusa di abuso di ufficio e corruzione, ipotesi di reato quest’ultima poi derubricata in induzione a dare o promettere utilità. Per fare sapere ai suoi concittadini il felice esito del processo, Bettazzi da ieri ha tappezzato Prato di manifesti con la sua foto e la scritta: “Assolto dopo dieci anni, il fatto non sussiste”.

Bettazzi, quando è iniziata l’indagine?
«Nel 2013. Il mio lavoro era quello di mediatore creditizio. Facevo consulenze nei confronti di una società partecipata del Comune di Prato che all’epoca era in cerca del rifinanziamento di alcune linee di credito. Tutto regolare. Gli inquirenti, però, mi contestarono una fattura di 2800 euro ritenendo che fosse una tangente mascherata in quanto ero all'epoca il presidente del Consiglio comunale».

E lei?
«Ho subito portato tutte le carte, oltre a decine di testimoni, per dimostrare la correttezza del mio operato. Non c'era nessuna tangente».

I magistrati, però, non gli hanno mai creduto.
«No, assolutamente. Mi indagarono per corruzione per potermi intercettare. Sono stato più di sei mesi con il telefono sotto controllo. Con l’abuso d’ufficio non sarebbe stato possibile in quanto quel reato non lo consente. Poi ho subito perquisizioni, sequestri, di tutto».

Un accanimento?
«Dico solo che gli elementi per il mio proscioglimento erano evidenti fin dal primo giorno. Il gip ed il Riesame durante le indagini preliminari avevano anche negato ai due pm le misure cautelari che avevano chiesto nei miei confronti».

Cosa fece allora?
«Mi dimisi spontaneamente dall'incarico di presidente del Consiglio comunale. L’allora sindaco Roberto Cenni era contrario alla mia decisione ma io mi dimisi lo stesso per non esporre l'amministrazione a condizionamenti o speculazioni».

Il comune di Prato era in quegli anni l’unico amministrato dal centro destra in tutta la Regione Toscana.
«Sì. Un puntino nero da colpire. Dopo quella vicenda venne eletto un sindaco del Pd».

Come si comportarono dall’opposizione?
«Il Pd e il Movimento Cinque Stelle chiesero subito le mie dimissioni. Anzi, l’intera giunta per loro avrebbe dovuto dare le dimissioni. Ecco perché ho deciso di stampare i manifesti: tutti devono sapere che sono stato assolto».

Lei è stato fra i fondatori di An. Ha sentito Giorgia Meloni dopo l’assoluzione l’altro giorno?
«Si, le ho scritto e mi ha risposto subito: sono stato molto contento».

Tornerà a fare politica?
«Non saprei, dipende se qualcuno me lo chiede. Io avevo una bella carriera davanti. Ero anche vice presidente regionale dell’Anci».

Cosa direbbe adesso agli esponenti del Pd?
«Che sono garantisti solo a parole e per quelli che gli fa comodo».

Ad esempio?
«Penso ad Alfredo Cospito».

L’anarchico bombarolo?
«Sono andati anche a trovarlo in massa in carcere. Questo è uno che ha gambizzato una persona e che voleva mettere una bomba, che per fortuna non è esplosa, davanti alla caserma di Fossano dove io ho fatto il carabiniere. Ci rendiamo conto?».

Esiste un problema giustizia in Italia?
«Io sono d’accordissimo con Matteo Renzi. Lui è lontanissimo dal mio modo di pensare ma sulla giustizia ha ragione. Il sistema non funziona. Ed ho rispetto anche per Silvio Berlusconi che è stato perseguitato dai magistrati. Sangermano, per chi si fosse scordato, quando era a Milano prima di venire in Procura a Prato è stato il pm del processo Ruby, conclusosi con l’assoluzione di Berlusconi».

Programmi per il futuro?
«Non voglio che altri subiscano quello che ho subito io per dieci anni. Si, vorrei poter fare qualcosa in concreto. C’è gente che non regge e si suicida».

Adesso che è stato assolto, chiederà un risarcimento allo Stato? Anche solo per le spese legali sostenute in questi anni per potersi difendere?
«Non chiederò un euro. Io sono un patriota. Se potessi chiedere un risarcimento ai due pm lo farei. Ma visto che è lo Stato che dovrebbe darmelo, quindi tutti noi, non chiederò proprio nulla». 

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