Benigni ed Egonu, nuovi segretari Pd: ecco le prime pagine...

di Salvatore Damagiovedì 9 febbraio 2023
Benigni ed Egonu, nuovi segretari Pd: ecco le prime pagine...
3' di lettura

La sinistra accende la tv. E ogni giorno trova un nuovo leader. Un nuovo portavoce a cui affidare la speranza di rivincita. Quando c’è Sanremo, poi, le opportunità si moltiplicano. Allora, nell’ordine, la gauche (politica e culturale) nelle ultime ore si è esaltata per: il monologo “antifascista” di Roberto Benigni, interpretato come un attacco a Giorgia Meloni; il discorso meta -femminista di Chiara Ferragni, salutato come un balsamo per arginare la destra “testosteroni ca” che siede al governo; l’attesa per l’intervento di Paola Egonu al Festival, che inchiodi la maggioranza alla sua “responsabilità”, quella di essere l’espressione del razzismo più becero che innerva il paese.

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L’ALBUM
Figurine. Ma la sinistra politica e culturale - si accontenta di fare l’album. Visto il deficit cronico di leadership, che neanche leprimarie imminenti sembrano destinate a sanare. La storia del sermone sulla Costituzione è curiosa. Premessa: Benigni appartiene da decenni al pantheon progressista. Dunque ci si aspettava che dal palco dell’Ariston avrebbe menato, dando soddisfazione a una parte politica (e non solo) uscita con le ossa rotte dalle ultime elezioni. Il premio Oscar però ha tenuto il freno a mano tirato. Probabilmente per la presenza in sala del Presidente della Repubblica, che non ama la polemica e le contrapposizioni. Benigni si è attenuto al copione: un elogio della Costituzione. Con la sottolineatura della sua radice antifascista. Lettura giusta e non inedita. Anche pacifica, tutto sommato. Sono cose, quelle sulle colpe del Ventennio, dette anche da Giorgia Meloni. A più riprese, in campagna elettorale. E, nonostante in tanti avessero annunciato l’arrivo di una nuova stagione di autoritarismo, da ottobre a oggi non si sono visti fez girare per strada, nessuna purga, neanche un manganello. Per cui: quella di Benigni è sembrata più una ricostruzione storica che un allarme. E l’unica “dittatura” è quella di “Amadeus a Sanremo” (cit.). Eppure, oh, pronunci la parolina magica (“Il fascismoh”) e parte il riflesso condizionato. Benigni ce l’ha con la “ducessa” con lo stivale tacco dodici. Ste fano Bonaccini confessa di aver versato una lacrimuccia: «È un momento parti colare, non nascondiamolo e quello che richiama la democrazia e l’unità del Paese mi piace, mi è piaciuto molto Benigni, l’inno nazionale. Mi sono un po’ commosso, ma magari era la stanchezza». La destra al governo è «ultranazionalista, sovranista, trumpiana«, spiega Francesco Boccia a Tagadà, su La7, «ha un modo di conce pire lo stato lontano dalla Costituzione antifascista».

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IL NEMICO

Poi Matteo Salvini si è permesso di dire questo. Che magari Sanremo, concorso canoro, non è il luogo più proprio dove parlare di Costituzione. Orrore: «Le sue affermazioni sottolineano non solo quanto sia imbarazzante, ma anche ambiguo riguardo temi fon damentali come la libertà d’espressione, i nostri valori, i pilastri della nostra de mocrazia». Altra potenziale leader, e non da oggi, è Chiara Ferra gni. Suffragetta griffata Dior. Paladina dei diritti delle donne. Inclusiva ed esclusiva. Già in campagna elettorale il Pd aveva prova to a cavalcare il suo sterminato impero social. Con zero risultati. E una amara conclusione: Chiara sposta share ma non voti. Ora al Nazareno ci ritentano. Magari sono più fortunati.

Certo, c’è anche Paola Egonu. Ottima endorser, la pallavolista. Una che sputa sull’Italia («È razzista, ho vissuto uno schifo»), un paese che tutto sommato non le ha negato opportunità, fama e soldi. Unica pecca: si è trasferita in Turchia, posto non proprio all’avanguardia in fatto di diritti civili. Ancora Salvini: «Spero che Egonu non faccia un monologo sul razzismo, perché in Italia non c’è».

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Replica di Rula Jebreal: «Parla lui, un famigerato razzista, che ha reso l’Italia un paese razzista». Beh. All’Ariston scopriremo se è nata una nuova stella nel firmamento gauchista. Rifondazione si prende Piero Pelù, invece: «Lo ringraziamo per aver portato la bandiera della pace dentro lo spettacolo del festival». Altro titolo di merito: il cantante a fine esibizione ha “scippato” la borsa a una fan e se n’è tornato sul palco. Esempio plastico di redistribuzione del reddito. Togliere ai poveri per dare ai ricchi. Ah no, com’era?

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