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Csm, contro le correnti eleggere i componenti col sorteggio

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Paolo Ferrari
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Si era molto discusso nel 2021 sulla necessità di riformare il sistema elettivo del Csm per limitare la correntocrazia e le conseguenti degenerazioni del Consiglio Superiore della Magistratura. Tutti più o meno d’accordo sul principio, avvalorato anche da un intervento del presidente Mattarella. La presenza al vertice del ministero della Cartabia, reduce dall’esperienza alla Corte Costituzionale, e la larghissima maggioranza del governo di unità nazionale presieduto da Draghi sembravano dare ampie garanzie sulla raggiungibilità di un traguardo storico, a lungo inseguito dai governi presieduti da Berlusconi. Le formule per pervenire al risultato erano varie: sorteggio dei candidati, a somiglianza del sistema seguito per la composizione del cosiddetto tribunale dei ministri; sistema elettorale delle seconde e terze preferenze suggerito dalla Commissione Luciani, maggioritario puro a preferenza singola nell’ambito di collegi plurinominali; esclusione del ballottaggio, luogo privilegiato per gli accordi spartitori tra gruppi e correnti.



La fantasia al riguardo si era sbizzarrita, come prassi per ogni legge elettorale in cui la riparazione di una falla ne apre altre: si pensi alla legge Castelli del 2002, che non produsse il risultato di marginalizzare le correnti sebbene avesse introdotto il voto proporzionale per liste contrapposte. Non era mancato nel dibattito l’accenno ad una revisione dell’art.113 della Costituzione, sia con riferimento alla nomina del vice presidente del Csm sia al superamento dello stesso Csm con l’istituzione di un’alta Corte composta di magistrati ordinari e speciali. Una cosa è certa. La riforma proposta da Marta Cartabia era sembrata ai più timida, parziale ed insoddisfacente.

 

Carlo Nordio, in un editoriale, dopo aver accennato allo scandalo rivelato da Palamara al direttore Sallusti, si era pronunciato per la necessità di mutare l’intera struttura del Csm, criticando il programma della Cartabia con la frase «troppo poco per ottenere un risultato significativo e duraturo». Il risultato di questo cammino riformatore è sotto i nostri occhi. Per l’elezione dei 20 componenti dell’organo di autogoverno svoltasi nel settembre 2022, 43 candidati su 87 erano riconducibili al sistema delle correnti; prospettive di elezione per i candidati singoli ed indipendenti vicine allo zero; al Csm giunti magistrati che sono la puntuale espressione del “pluralismo culturale” dei magistrati, alias delle logiche spartitorie delle correnti. Una riforma dunque che è miseramente fallita con buona pace per le premesse da cui era partita! La soluzione, ad avviso di chi scrive, è una sola. Se si vuole mettere fuori gioco le correnti, necessita introdurre il sorteggio dei candidati, modificando la Carta Costituzionale. Se ne ricordino Carlo Nordio ed il centro destra. Tale soluzione si rafforza anche perché ora hanno iniziato l’iter parlamentare, con buone possibilità di arrivare fino in fondo, proposte di separazione delle carriere di FI, Lega, Fdi ed IV, che ricalcano la proposta di legge popolare avanzata dall’Unione delle Camere Penali. *Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione.



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