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Elly Schlein, lezioni di look? Il vero maestro è Silvio Berlusconi

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Daniela Mastromattei
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Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno», per usare le parole di Niccolò Machiavelli, ne “Il Principe”. Cresce l’esercito di chi pensa di sapere e conoscere tutto, di poter criticare questo o quello e di esprimere giudizi gratuiti su ogni cosa. Il presuntuoso per eccellenza (tuttologo) vive nella convinzione di possedere la perfetta cognizione dello scibile umano: politica, arte, scienza, tecnica, ingegneria, architettura, medicina, letteratura ma anche sartoria... la lista è lunga. Come dimenticare chi per mesi ha descritto Elly Schlein come una «barbona vestita malissimo» (ma perché non ci si limita a giudicare la segretaria del Pd per la sua politica ancora piuttosto acerba e confusa, almeno quando prova a spiegare la linea lineare, anzi no, circolare: anche lei si perde...).

E chi, dall’alto della propria ignoranza, ha sentenziato «povera Elly non trova nessuno che le dica che le sue giacche colorate di due taglie più grandi sono orribili», chissà come si sarà sentito nello scoprire che la Schlein non solo si avvale di sarti e stilisti (che loro se li sognano) per scegliere il look ma anche di un’esperta di armocromia... Ma proprio non lo capite che i vestiti che indossa la segretaria del Pd sono davvero l’ultimo dei problemi per il centrosinistra? Cosa credete che pensi la Schlein quando dichiara: «Anche stavolta non ci avete sentito arrivare». Che siete distratti, superficiali e qualunquisti (un gregge e il gregge non pensa). E mi fermo qui. Che dire della giornalista Myrta Merlino che ammette: «Pensa come sono arretrata, non sapevo neanche che esistesse l’armocromista». La conoscenza è basata sullo studio, la ricerca, l’aggiornamento continuo. «La conoscenza è di coloro che, pur sapendo, non si esibiscono, comunicano attraverso un linguaggio tecnico e specifico, quello delle persone colte, equilibrate, giudiziose», da manuale. E chi non ha saputo cogliere fin dall’inizio il personaggio Elly (la sua immagine è più studiata delle cose che dice) spero sia stato illuminato dall’intervista a Vogue. Ma nutro qualche dubbio.

 


È anche vero che non ha inventato nulla, il primo fu Silvio Berlusconi con il celebre discorso della discesa in campo. «L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti», disse nel video trasmesso da tutti i tg il 26 gennaio del 1994. Ogni cosa attorno a lui era studiata. Il suo corpo, il trucco, ogni suo movimento e ogni oggetto collocato nella scenografia affermavano ciò che anche le parole stavano affermando. E con la stessa forza di persuasione. Nella comunicazione politica nulla dopo di allora è stato più come prima. «Doppiopetto, tuta in cachemire, bandana, bretelle, giubbotto di Putin, casco da Mazinga durante il terremoto, mise alla Tony Soprano o alla Tony Manero con pendaglio al collo e cordino di caucciù, panama da 3500 euro, pelliccione da eschimese, fazzoletto da partigiano: nessuno più del Cavaliere ha coltivato la risorsa del cambio dell’abito come messaggio di relativismo, se non di nichilismo», come ha scritto su Repubblica Filippo Ceccarelli. Da allora in molti provano a imitarlo. 

 

 

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