Cerca
Cerca
+

Pd, rumors dopo il flop: "Magistratura, i dem tornano a giocare sporco"

Esplora:

Fausto Carioti
  • a
  • a
  • a

Anche stavolta, nessuno l’ha vista arrivare. Non in Toscana, né a Brindisi e tantomeno in Sicilia. Neanche ad Ancona, dove pure Elly Schlein aveva chiuso la campagna elettorale, convinta di poter incassare- almeno lì - un risultato da intestarsi. Mai, da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, il capoluogo marchigiano ne aveva avuto uno che non fosse espressione della ditta Pds-Ds-Pd. Viene abrogata così la legge empirica che voleva i democratici e i loro alleati quasi sempre vincitori ai ballottaggi, pure quando avevano chiuso il primo turno dietro agli avversari.

La cose sono cambiate. Adesso, al secondo giro, gli elettori della terra di mezzo restano a casa oppure votano per il centrodestra, ritenendolo più rassicurante dell’alternativa rappresentata da Schlein e compagni, peggio ancora se alleati con i Cinque Stelle. Chiamarlo destra-centro, come fanno a sinistra, può far sorridere e ha pure il suo fondamento, ma non spaventa nessuno. E presto capiremo se l’idea di far eleggere i sindaci in un solo turno elettorale, lanciata dal leghista Roberto Calderoli pochi giorni fa, dopo ieri sta ancora in piedi (a naso, no). Sarebbe sbagliato, però, ridurre la questione all’amministrazione dei territori. Ad essere in crisi è il modello politico della sinistra-sinistra, quella che abbraccia le cause dell’estremismo ecologista, delle imposte patrimoniali, della retorica del genere sessuale non binario e dell’irrigidimento dei contratti di lavoro. Un modello che ovunque, in Europa, si sta rivelando perdente nei confronti del centrodestra forgiato sull’accordo tra i conservatori continentali, la cui presidente è Giorgia Meloni, e i popolari. Partiti che su fisco, “transizione ecologica” e il resto offrono agli elettori ricette opposte a quelle della sinistra-sinistra. E vincono.

 

L’ANDAZZO EUROPEO
L’ultimo esempio viene dalla Spagna. Mentre il Pd perdeva Ancona e Brindisi, andavano ai seggi gli elettori delle comunità di Madrid, Valencia e altre amministrazioni, e il senso del voto è stato identico a quello italiano: il Partito socialista del premier Pedro Sanchez, che la segretaria del Pd indica come suo modello di governo, è stato sconfitto quasi ovunque. Capito che sarebbe arrivato morto alle elezioni politiche di dicembre, previste dalla scadenza naturale della legislatura, Sanchez ha sciolto le Camere (in Spagna il premier può farlo: prendere appunti) in modo da andare a votare a fine luglio, in un disperato tentativo di giocare d’anticipo. Lo stesso andazzo, durante quest’ultimo anno, si è visto nelle elezioni politiche di Svezia, Finlandia e Grecia. Oltre che in quelle italiane, ovviamente. Un’ascesa su vasta scala che, nei sogni delle Meloni e negli incubi delle Schlein, dovrebbe culminare, tra un anno, nell’elezione di un parlamento europeo i cui i numeri consentano di creare una maggioranza sorretta dai conservatori, alleati al Ppe di Forza Italia e del Partito popolare spagnolo, e senza il Pd e gli altri socialisti. Ci sono tutti i presupposti, insomma, per l’inizio di un ciclo elettorale lungo e potente, in grado di spingere l’Europa su un nuovo percorso: più poteri ai governi nazionali, meno al “super Stato” centrale di Bruxelles. 

La grande partita è questa. Il risultato di ieri conferma anche che le armi della sinistra italiana sono spuntate. Non serve gridare al ritorno del fascismo, è elettoralmente controproducente alzare il livello d’isteria per l’apocalisse climatica, è letale invocare aumenti delle imposte patrimoniali e di successione, a maggior ragione a pochi giorni dal voto. E alla storia della «destra che ci isola in Europa e nel mondo» non crede più nessuno. Cosa resta? L’intervento esterno: i magistrati, la speranza di aizzare uno scontro tra Roma e Bruxelles. Più la presidente del consiglio si avvicina ai Popolari e conquista consensi al centro, più feroce diventa il tentativo di dipingerla come l’Orban italiana. Le parole del procuratore generale della Corte dei Conti, Angelo Canale, che su Repubblica e Stampa accusa il governo di «fare male alla democrazia» nel momento in cui contesta i controlli della magistratura contabile sulla spesa per il Pnrr, sono il segnale che serve per innescare la polemica e farla esplodere a Bruxelles. Assieme alle parole di Emma Bonino, ex commissaria Ue, secondo cui in Italia è «sotto attacco lo Stato di diritto». È solo l’inizio, da qui al voto delle Europee vedremo di molto peggio. Quanto alla Schlein, la sua sfida sarà arrivare a quell’appuntamento ancora alla guida del Partito democratico, dopo l’incapacità dimostrata. La Meloni spera di sì, perché con un’avversaria simile è tutto più facile. È dentro al Pd che la voglia di sbarazzarsi della compagna Elly sta crescendo. Dopo ieri, molto di più. 

 

 

Dai blog