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Alessandro Sallusti: se sento Elly Schlein tocco ferro

Alessandro Sallusti
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C’è una donna che ieri ha detto: basta fare i Tafazzi – sinonimo di autolesionismo – è il momento di remare e lavorare duro. Poi c’è un’altra donna che sempre ieri ha proposto, o meglio riproposto, più tasse per tutti. La prima è la leader del Centrodestra, la seconda del Centrosinistra. Ora, trovare le differenze tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein non è mai stato un gioco complicato ma certo con il passare del tempo diventa di una facilità disarmante: non più destra contro sinistra, banalmente è lavoro contro assistenzialismo, crescita contro recessione, opportunità contro rassegnazione.

 

 

 

Non so se Giorgia Meloni pecchi di ottimismo, certo è che ogni volta che apre bocca la Schlein viene un irrefrenabile impulso di toccare ferro. Una delle massime celebri di Albert Einstein diceva: «È meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione». In altre parole: se non credi che una cosa possa accadere non accadrà, e la vera presunzione della Meloni è di credere profondamente e sinceramente di poter cambiare in meglio questo Paese. Il suo progetto è perfetto? Non esistono progetti perfetti. Sarà una strada con inciampi? Molto probabile. Ma in quel “remiamo” pronunciato ieri davanti agli imprenditori lombardi c’è un progetto chiaro: basta pessimismo, che è solamente – lo sosteneva anche Bill Clinton – una scusa per non provare e una garanzia di fallimento personale.

 

 

 

Di recente mi è capitato di leggere la biografia di un grande imprenditore italiano, Romano Sghedoni, oggi a capo di un impero della chimica con quindici filiali in Europa e mille dipendenti, partito cinquant’anni fa senza arte né parte da un garage di Sassuolo: «Era un mondo in cui tutto sembrava possibile se solo ci credevi», dice a un certo punto del racconto. Ecco, il mondo sarà anche cambiato ma la ricetta è la stessa: crederci e remare, non piagnucolare e invocare più tasse che possono sì tappare dei buchi ma mai risolvere il problema in un Paese che ha già ora il welfare al trenta per cento del Pil, cioè il più generoso dell’Occidente anche se a sinistra nessuno pare saperlo o ammetterlo.

 

 

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