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Meloni-Mattarella, sinistra smentita: nessuna tensione, verso la firma sulla Giustizia

Fausto Carioti
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Il Consiglio supremo di difesa è l’organo nel quale il capo dello Stato, quello del governo, i ministri competenti e i vertici dei militari programmano le strategie nazionali di difesa e sicurezza. Era stato convocato al Quirinale per il 13 giugno, ma Sergio Mattarella lo spostò in seguito alla morte di Silvio Berlusconi. Si è riunito ieri, all’indomani del vertice Nato: Giorgia Meloni ha riferito ai presenti il contenuto dei colloqui di Vilnius con gli altri leader del patto atlantico, e tutti hanno concordato sulla necessità di «assumere una forte iniziativa per richiamare l’attenzione piena dell’Unione europea e della Nato sull’Africa», come si legge nel comunicato finale. Temi della massima importanza, insomma, ma l’interesse politico era alto soprattutto per l’altro argomento: lo scontro tra il governo e una parte della magistratura sulla giustizia.

 

 

Su quel fronte nelle ultime settimane è successo di tutto, e Mattarella e Meloni non avevano ancora avuto modo di parlarne a quattr’occhi. Lo hanno fatto al termine del consiglio di difesa, per un’ora, nello studio del capo dello Stato, dopo essersi spediti messaggi a distanza nella vigilia: lui aveva invitato sul Colle i vertici della Cassazione, un chiaro gesto di attenzione verso i magistrati, e lei aveva detto che, se fosse stata al posto di Ignazio La Russa, non avrebbe commentato in pubblico la vicenda del figlio: parole di equilibrio istituzionale che il Quirinale ha apprezzato. Così come è piaciuta la cautela con cui Alfredo Mantovano, sottosegretario di palazzo Chigi, ieri ha assicurato che «modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione. Ci sono altre priorità».

Già nelle due ore della riunione del consiglio supremo si era capito che tra il presidente della repubblica e la premier non c’è alcuna tensione: hanno approfondito insieme gli argomenti, mostrando la solita sintonia che li lega sulla politica estera e sulla “questione africana”, che sotto l’aspetto strategico e della sicurezza oggi è la più importante per l’Italia.

Quanto alla giustizia, pur nella diversità di alcune posizioni, tra capo dello Stato e presidente del consiglio il rapporto è stato sempre improntato alla collaborazione istituzionale e al rispetto dei ruoli, e così è stato anche ieri, in quei sessanta minuti in cui hanno parlato lontani da tutti gli altri. Proprio al Quirinale, a fine giornata, si racconta di «un colloquio molto costruttivo e cordiale, a dispetto dell’atmosfera negativa che qualcuno sta cercando di dipingere». Chi sperava in una reprimenda quirinalizia nei confronti della premier, o addirittura nella richiesta di dimissioni di alcuni esponenti del governo, è rimasto deluso.

 

 

Il confronto si è protratto a lungo anche perché i due hanno affrontato tutti i temi sul tappeto. La riforma della giustizia, ovviamente, riguardo alla quale il capo dello Stato resta fedele alla linea del rispetto della sovranità del parlamento. Tanto che è probabile, spiegano sul Colle, che il disegno di legge scritto da Carlo Nordio e approvato un mese fa dal consiglio dei ministri sia firmato da Mattarella questa settimana, forse oggi stesso.

Ma la discussione si è dilungata anche sulle questioni di politica estera e sul viaggio a Washington, destinazione Casa Bianca, che la premier farà il 27 e il 28 luglio. L’annuncio lo hanno dato gli uffici di Joe Biden, spiegando che il presidente americano e la premier italiana discuteranno «dei comuni interessi strategici, inclusi la condivisione dell’impegno a continuare a sostenere l’Ucraina di fronte all’aggressione della Russia, gli sviluppi in Nord Africa e una maggior coordinamento transatlantico riguardo alla Repubblica Popolare Cinese». L’enfasi sul Nord Africa è stata apprezzata da Meloni e Mattarella: ambedue si stanno spendendo, nei loro colloqui internazionali, affinché il fronte sud della Nato resti ben presidiato, anche se gli occhi dell’Occidente sono puntati ad est, verso la Russia e la Cina.

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