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Stefano Bonaccini "fa fuori" il direttore del Mulino: il metodo-Pd, un caso politico

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Era il fiore all'occhiello di Bologna, della sinistra, del mondo intellettuale italiano. E forse è per questo che il terremoto scatenato nella rivista Il Mulino e nell'omonima casa editrice si collega strettamente alla crisi del principale partito d'area, il Pd, tirando in ballo direttamente il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Nata 70 anni fa dalla mente di Giovanni Evangelisti, laboratorio culturale e politico animato, tra gli altri, dal compianto Edmondo Berselli, 90 soci, un legame fortissimo con Romano Prodi. Questo è il Mulino, da cui si è dimesso il direttore Mario Ricciardi, in carica da 6 anni. 

Come nota (velenosamente) il Fatto quotidiano, in questo periodo Ricciardi ha cambiato la linea editoriale del gruppo, "distante dalla sbornia liberista della sinistra 'riformista', con una concezione 'socialista liberale' (tendenza Rosselli) aperta a sinistra". Parole d'ordine che sembrano ancora ancorate al Novecento, ma che nel salotto buono della sinistra, con un filo diretto con il Nazareno, contano eccome.

 

 

 

"Abbiamo sottratto la rivista al destino che a molti appariva inesorabile di un dignitoso declino - sottolinea il direttore nel suo ultimo editoriale -, ho deciso di non ricandidarmi come direttore". A pesare "il timore, per me decisivo, che non sarebbe possibile, anche se confermato per un terzo mandato, continuare a svolgere il mio lavoro con la stessa serenità di questi anni".

 

 

 

E qui si arriva proprio a Bonaccini, che lo scorso luglio aveva twittato polemicamente contro un articolo di Antonio Floridia sul Mulino, dal titolo "Il puzzle delle non-destre". "Serve un nuovo centrosinistra ma con una precisa idea di paese, che metta sempre i diritti sociali a fianco di quelli civili. Altrimenti saranno solo sconfitte. A meno che non si preferisca una sinistra perdente ma dura e pura (termini risibili). Non-destre fa ridere. Punto", il giudizio espresso dal governatore, che da tempo sta pungolando anche la segretaria Elly Schlein proprio su questo punto.

 

 

 

Ora toccherà a Prodi e a gli altri soci (tra cui Giuliano Amato, Ernesto Galli della Loggia, Piero Ignazi, l'europarlamentare Elisabetta Gualmini, Chiara Saraceno e Michele Salvati, individuare il nuovo direttore, e sarà un braccio di ferro tra l'ala "riformista" smontata da Ricciardi e quella "massimalista". Il vincitore darà anche un indizio sul futuro della galassia Pd, con Bonaccini e Schlein ancora, inevitabilmente, contrapposti. Di sicuro, però, l'immagine di un governatore che "sfiducia" un direttore non rappresenta una grande cartolina per il mondo dei "democratici e progressisti".

 

 

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