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Mieli a Otto e mezzo: "Napolitano? Io suo grande amico, ma dobbiamo dirlo"

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"Al Capo dello Stato non spetta giudicare, al Capo dello Stato se non c'è più una maggioranza tocca chiamare le elezioni". Paolo Mieli, in studio da Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, non risparmia critiche a Giorgio Napolitano, il presidente emerito della Repubblica scomparso venerdì sera a 98 anni.

"Credo di essere stato un suo buon amico per tutta la vita- premette l'ex direttore del Corriere della Sera - ma faccio un riassunto delle critiche che gli sono state poste. Nel Pci non diede mai battaglia aperta, di quelle frontali come aveva fatto Pietro Ingrao per lui non era mai il momento giusto. Secondo: le critiche all'Unione sovietica vennero sempre dopo, 20 o 30 anni. Non parliamo solo dell'invasione dell'Ungheria, ma anche gli euromissili o il serpente monetario europeo, non era mai il momento di dare battaglia".

"Quando fu presidente della Camera fece passare la legge per cui si votava a scrutinio palese l'avviso di garanzia, non l'arresto. Beh, quello cambiò la storia d'Italia". Da presidente della Repubblica, nota poi Mieli, "salvò Berlusconi. Nel senso che se nel 2010 avesse mandato le camere al voto... In quell'occasione gli rimproverarono tutti di aver preso il tempo necessario a Berlusconi di convincere alcuni parlamentari a passare dalla sua parte". Il riferimento è al tentativo di spallata di Gianfranco Fini (e Italo Bocchino, presente in collegamento a Otto e mezzo) con la sfiducia al governo respinta grazie all'apporto dei voti decisivi dei famosi "responsabili". 



"Napolitano salvò Berlusconi": guarda il video di Paolo Mieli a Otto e mezzo

 

"Ultimo - conclude Mieli - non capì che il Paese stava cambiando e che c'era il populismo, il qualunquismo. C'era una sua famosa frase: ma quale boom dei 5 Stelle, io conosco solo il boom economico. Non capì quella fase, pensò che tutto si sarebbe messo a posto e mise su il governo presieduto da Mario Monti". Il resto è storia.

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