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Meloni, la conversazione rubata: "Continueremo ad aiutare gli ucraini"

Giorgia Meloni

Antonio Rapisarda
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Per dare credibilità alla finta telefonata (il cui punto di caduta doveva essere, con tutta evidenza, strappare un commento “non ufficiale” o scomodo da parte della premier italiana sul conflitto in Ucraina: obiettivo totalmente fallito), il fantomatico presidente della Commissione dell’Unione africana – dietro cui si è celato uno dei comici russi del duo Vovan & Lexus – ha esordito con Giorgia Meloni chiedendole notizie sul delicato fronte degli arrivi dal Nordafrica. Si dipanerà da qui il quarto d’ora in cui la presidente del Consiglio ribadirà le tesi espresse pubblicamente su tutte le questioni chiave: sui rapporti con l’Ue e i suoi partner, sul memorandum con la Tunisia, sul Piano per l’Africa e – soprattutto – sull’appoggio convinto dell’Italia all’Ucraina.

IL DIALOGO - «La situazione (sbarchi, ndr) è molto difficile per noi, sotto ogni punto di vista: umanitario, logistico e di sicurezza», ha iniziato così a rispondere la presidente del Consiglio. «Da inizio anno abbiamo avuto circa 120mila arrivi. Un flusso che dovrebbe incrementare (...)». Davanti a questo Meloni ha ribadito a chi l’ascoltava ciò che ha detto in faccia a tutti i colleghi europei, fin dal suo insediamento: «Quello che non capiscono in Europa è che non è possibile che il problema sia risolto solo dall’Italia (...)».

 

 

L’impostore ha cercato di mettere in mezzo Macron e il suo rifiuto di comprendere – a suo avviso – le ragioni dei Paesi africani: un primo trabocchetto “politico”. Meloni però ne ha approfittato per chiedere lei un commento all’interlocutore sulla situazione geopolitica che sta infiammando il Sahel: «Pensa che quello che sta succedendo in Niger sia contro la Francia?». Alla risposta affermativa, la premier ha rilanciato la volontà comunitaria di fare pressione sui francesi e «sostenere uno sforzo diplomatico» per evitare l’ulteriore destabilizzazione della regione. «Il problema è che per noi è impossibile integrare questi migranti», ha osservato Meloni rispondendo così, poi, sui rapporti coi partner: «L’Ue comprende il problema nelle conclusioni del Consiglio e certamente nelle parole di von der Leyen ma poi quando chiedi agli Stati di stanziare i soldi per investire in questi Paesi tutto diventa più difficile». Problemi (e critiche alla Russia) snocciolati anche sul tema dei corridoi del grano nel Mar Nero.

«Se permettiamo alla Russia di ricattarci, potrebbe essere sempre peggio».

Si arriva al punto dove i due provocatori volevano arrivare: il conflitto in Ucraina. La premier: «Vedo molta stanchezza da tutte le parti. Si avvicina il momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita». «Il problema è trovare una via d’uscita accettabile per entrambe le parti nel rispetto del diritto internazionale»: che per lei significa garantire la piena sovranita di Kiev sui suoi territori. «Ho alcune idee su come gestire questa situazione», ha continuato, «ma aspetto il momento giusto per metterle sul tavolo».

 

 

Altra domanda “a tema” è quella sulla controffensiva ucraina: «Non sta andando come ci si aspettava», ha ammesso Meloni. «Sta procedendo, ma non ha cambiato il destino del conflitto. Quindi ora tutti comprendono che (il conflitto) potrebbe durare molti anni se non proviamo a trovare delle soluzioni. Il problema è quale sia la soluzione accettabile senza aprire altri conflitti», ha chiosato portando come elemento esplicativo ciò che è avvenuto in Libia. All’ulteriore sollecitazione del finto leader africano che lamentava come tutti i fondi dell’Ue stessero andando all’Ucraina, la premier ha continuato a non prestare per nulla il fianco: «Ciò su cui sto lavorando è farne arrivare anche in Africa. Questo è il mio primo impegno. Come saprai, dagli americani alla Nato, dico ovunque che dobbiamo prenderci cura dell’Africa».

TENTATIVO IN EXTREMIS - Ultimo tranello superato senza alcun problema da Meloni è quello riguardante la tesi (tutta russa) che la causa ucraina sia retaggio del culto per il leader nazionalista Stepan Bandera. «Non credo ci sia un problema di nazionalismo in Ucraina», ha risposto. «Credo che il nazionalismo sia un problema di Putin». Gli ucraini, ha concluso Meloni, «stanno facendo quello che devono fare, quello che è giusto fare, e noi cerchiamo di aiutarli». 

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