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Nichi Vendola, ci mancava il ritorno del cattocomunista in politica

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Annarita Digiorgio
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Nichi Vendola torna in politica. Dal Canada, dove vive da quando ha comprato un bambino con il suo compagno. Che la maternità surrogata l’ha ottenuta con un contratto l’ha detto lui stesso, senza riuscire a quantificare l’importo: «Il ristoro di un anno di lavoro mancato per Sharline (la mamma rinunciataria, ndr), poi molto, in Usa, pesano le spese sanitarie e la clinica. Abbiamo pagato molte cose, mai fatto un conto definitivo». Ora rientra in Italia per fare il presidente di Sinistra Italiana. Ruolo che gli ha offertoil segretario Nicola Fratoianni, legato all’ex presidente dai tempi di Rifondazione Comunista, quando il pisano fu mandato a Bari come segretario regionale, e da lì lanciò la candidatura di Vendola per la regione. Era il 2005. Nichi, diminutivo da Nicola che gli venne dato dai genitori in omaggio all'ex presidente dell'Unione Sovietica Nikita Krusciov, era gia parlamentare di Rifondazione dal 1992.

Per diventare governatore dovette battere alle primarie il candidato di D’Alema, Francesco Boccia. Era una sfida a sinistra tra “la ditta” che aveva in Puglia il suo quartier generale, costruito su un connubio tra politica e imprenditori specializzati in sanità ed edilizia, e la sinistra arcobaleno, pacifista, rivoluzionaria, idealista, ambientalista e giovanilista che da allora prese il nome di “vendolismo”. Ma Nichi si dichiarava un cattocomunista, cresciuto tra Pier Paolo Pasolini e don Tonino Bello. Vinse di un soffio le primarie, e poi sconfisse Raffaele Fitto. Il pisano Fratoianni divenne assessore regionale in Puglia. Dopo cinque anni di mandato D’Alema, che nel frattempo strinse il patto dei gamberoni con Buttiglione, gli chiese di non ricandidarsi per non rompere l’alleanza con l’Udc.

 

 

 

Francesco Boccia gli si candidò un’altra volta contro alle primarie, perdendo. Vendola si riconfermò presidente contro il candidato fittiano Rocco Palese, attuale assessore alla sanità di Michele Emiliano. Quei due mandati segnarono per la Puglia una ventata di giovanilismo, ma il vero core business del vendolismo di potere era la sanità. E infatti diversi tra i suoi assessori finirono indagati, con Vendola che ogni volta pretese dimissioni immediate. Non si dimise però quando l’avviso di garanzia arrivò a lui, per il famoso processo Ilva. Nel quale nel 2021 è stato condannato in primo grado per concussione.

Vendola prenderà malissimo la condanna: «Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia. Mi ribello a una giustizia che calpesta la verità, la condanna è una mostruosità giuridica, l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata». Eppure fino ad allora Vendola non si era mai distinto per garantismo, appartenendo al filone dell’antimafia di sinistra segnatamente giustizialista. La risposta più piccata gliela diede Bonelli : «Sentire che l’ex presidente della regione Puglia definisce la giustizia “malata” e che accusa i giudici di aver commesso un delitto è un grave atto di delegittimazione della magistratura al pari di quello che fa la destra quando va sotto processo come accaduto con Salvini». Il leader dei Verdi infatti è stato tra i principali accusatori di Vendola nel processo, tant’è che ai tempi della foto di Vasto, Nichi chiese di escluderlo dalle liste: «Ho già posto il problema a Bersani. Qualunque partito del centrosinistra può testimoniare l’animosità, la violenza e la volgarità di Bonelli, che semina odio e menzogne. Vuole portare Taranto sull’orlo della guerra civile».

 

 

 

A riportare Bonelli in parlamento dieci anni dopo ci ha pensato Fratoianni, con l’alleanza “cocomero” tra Verdi e Sinistra Italiana, di cui da oggi Vendola è presidente. Del resto la doppiezza morale è stata da sempre il carattere distintivo del cattocomunista Nichi. Per avere un bambino è andato in Canada (potendoselo permettere), ma non ha mai voluto farne esempio di battaglia in Italia; accusa i giudici, ma solo per difendere se stesso, mai una parola di solidarietà ai Riva condannati nello stesso processo; oggi a Bari è schierato a sostengo del candidato alla gauche Michele Laforgia che non vuole le primarie perchè «sono condizionate dalla criminalità». È scolpita sulla scogliera di Bari la frase di Vendola quando si candidò contro Bersani e Renzi: «Le primarie sono come il gesto del bambino che ascolta la conchiglia e sente il rumore del mare: è il rumore della vita». 

 

 

 

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