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La sinistra specula sugli allarmi climatici e genera terrore

Corrado Ocone
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Ve le ricordate le accuse rivolte ai “sovranisti”, fino a qualche anno fa, di essere “imprenditori della paura”? I soliti noti, cioè gli intellettuali e gli opinionisti della sinistra sedicente “colta”, accusavano ad esempio Matteo Salvini, quando da ministro degli Interni si adoperava per fermare i flussi migratori nel Mediterraneo, di strumentalizzare le paure degli italiani per lucrare consensi a buon mercato.

Paure che, ovviamente, erano per i nuovi benpensanti, insensate ed esagerate: abituati a vivere in zona Ztl, essi potevano permettersi il lusso di considerare l’immigrazione una risorsa per tutti, a prescindere, e l’integrazione pacifica e garantita sempre. Come stessero effettivamente le cose gli italiani, che fra l’altro sono un popolo generalmente ospitale, lo sapevano bene, soprattutto quelli delle periferie cittadine, ove l’arrivo illegale in massa di immigrati non integrati, e né facilmente integrabili, genera degrado e scatena non di rado prevedibili “guerre fra poveri”. Ma tant’è! Pronunciando quella fatidica espressione – “imprenditori della paura” - la delegittimazione morale dell’avversario politico era, more solito, bella e apparecchiata.

 

 

 

Facendo un salto all’oggi, c’è però una riflessione che va fatta. L’occasione ce la dà l’ultimo rapporto Censis, presentato ieri, che descrive l’Italia come un Paese impaurito, senza fiducia nel futuro, portato a vivere alla giornata e quasi rassegnato ad un lento ed inesorabile declino, demografico e non solo. Insomma, la paura la fa da padrona. Il fatto rilevante è che però ad impaurire gli italiani, nella misura dell’84%, sia, sempre secondo il Censis, soprattutto il “cambiamento climatico”, che genera, in particolare fra i giovani, ansia e paura di vivere e costruire il proprio futuro. Senza scendere nella polemica su quanto sia sostenibile scientificamente la tesi di un climate change di origine antropica, su cui è lecito avere non poche perplessità, non si può fare a meno di osservare che a immettere nell’opinione pubblica, anche attraverso i mezzi dell’intrattenimento e della cultura popolare, una idea catastrofista e apocalittica dell’emergenza ambientale sia stata proprio la sinistra intellettuale e politica. La quale, come è stato osservato, ha non solo sostituito la “religione verde” a quella marxista, ma ha dato di essa una lettura di chiara impronta millenaristica e gnostica. Greta Thunberg ricevuta e venerata dai potenti del mondo, nonostante, o forse proprio a ragione, del suo radicalismo apocalittico, ha trasmesso un messaggio che ha agito in profondità, fino a generare quegli episodi di follia nichilistica di cui si è fatta paladina l’associazione giovanile “Ultima generazione” (con il cui nome si è già detto tutto, per parafrasare Totò e Peppino).

 

 

 

La domanda che sorge spontanea è allora una sola: chi è oggi il vero “imprenditore della paura”, la destra o la sinistra? Chi fomenta angoscia ed ansie, non solo ingiustificate ma anche autodistruttive? Non c’è dubbio che la paura, come già Hobbes ci ha insegnato, abbia una enorme “produttività politica”. Un conto è però far fronte ad essa con la razionalità e il buon senso, un’altra affidarsi a una lettura ideologica della realtà e concepire politiche costruttivistiche e di alta ingegneria sociale, nonché di dubbio esito, come quelle messe in campo, ad esempio, con il New Green Deal europeo.

 

 

 

Da una parte c’è la politica, dall’altra l’ideologia, la quale spesso, come la storia pure ci insegna, può legarsi con facilità ad interessi economici di gruppi e lobbies di vario tipo. Un tempo, quando Hegel era di moda, si sarebbe detto che assistiamo qui a un “capovolgimento dialettico”, con i poli della relazione invertiti. Più opportuna è forse però una immagine presa da un procedimento tipico del grande teatro greco e latino: l’agnizione, cioè quel meccanismo narrativo per cui alla fine ognuno scopre la sua vera identità, diversa e opposta da quella che si voleva fare apparire. Chi accusava gli altri di essere fomentatore di paure non si accorgeva o tendeva a nascondere il fatto che tale era in verità lui e solo lui.

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