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Pd, toh: i compagni cambiano linea su Ucraina e Medio Oriente

Elisa Calessi
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Qualcosa, nel Pd, sta cambiando. Sull’Ucraina, ma soprattutto sul conflitto in Medio Oriente, emerge un cambio, se non di linea, di sensibilità, di umori, di accenti. Un cambio rispetto alla linea iniziale, che lo aveva visto prendere nettamente le parti di Kiev (con Enrico Letta) e poi - altrettanto nettamente- di Israele (con Elly Schlein). Ma la durata dei due conflitti, la stanchezza dell’opinione pubblica, le migliaia di morti che st provocando tra i civili e il fatto che il M5S sta da solo occupando lo spazio del pacifismo, hanno portato a una riflessione. Si è visto plasticamente ieri, sia nell’Aula del Senato, sia fuori.

Già di prima mattina diverse voci si sono levate contro la decisione del governo italiano di astenersi rispetto alla risoluzione approvata all’Assemblea generale dell’Onu che chiedeva un immediato cessate il fuoco in Medio Oriente. Scelta che Giorgia Meloni ha difeso in Aula spiegando che la risoluzione risultava ambigua nella condanna delle azioni compiute da Hamas. La prima a parlare è stata Laura Boldrini: «Nonostante sia arrivato a 153 su 193 il numero di Paesi che hanno votato a favore del cessate il fuoco, l’Italia continua ad astenersi: una scelta, ancora una volta, vergognosa». Ragionamento simile lo faceva, poco dopo su Twitter, Marco Furfaro, molto vicino a Schlein: «L’Italia di Giorgia Meloni si è vergognosamente astenuta» sulla risoluzione dell’Onu.

 

 

In Aula il primo del Pd a prendere la parola, nel dibattito sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio Europeo, è stato Graziano Delrio, da sempre su posizioni tutt’altro che belliciste. «Sull’Ucraina», ha detto, «noi sosteniamo la politica estera dell’esecutivo». Ma «se pensiamo che in fondo non ci sia nessuna possibilità per la Russia di espandersi e continuare ad aggredire, bisogna creare le condizioni perché si aprano colloqui per una pace giusta». E ha accusato il governo di «una certa latenza» rispetto al «protagonismo dell’Italia e dell’Europa». Quanto al Medio Oriente, Delrio ha accusato il governo di «una mancanza di coraggio». «Mentre l'amministrazione Usa parla di un pacchetto di sanzioni per i coloni estremisti in Cisgiordania, occorre mettere in campo un’azione di deterrenza in coerenza con la linea due popoli due stati».

 

Intanto, al Nazareno, Elly Schlein presentava la due giorni sull’Europa che il Pd terrà venerdì e sabato a Roma, in concomitanza con la festa di Atreju. Il primo giorno ci saranno Paolo Gentiloni, Iratxe Garcia Perez, capogruppo dei Socialisti al Parlamento europeo, Rosy Bindi, Lucia Annunziata. Sabato mattina aprirà Romano Prodi, seguito da un panel con Enrico Letta, Nicolas Schmit, commissario europeo per il Lavoro. Schlein si candiderà alle elezioni europee? «È l’ultima delle questioni», ha risposto. Sarà Paolo Gentiloni il federatore del centrosinistra alle politiche? Anche qui Schlein si sottrae: «Se vado in casa di qualcuno e chiedo se la priorità è trovare un federatore, mi prendono per matta. Non è un tema pregnante».

 

 

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