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Mes, Luigi Di Maio in soccorso di Conte: torna in campo?

Pietro De Leo
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La politica è l’arte delle circumnavigazioni inedite. Così può accadere di trovare Luigi Di Maio e Giuseppe Conte di nuovo affiancati, stavolta per contestare la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Mes. Ieri sera, l’ex capo politico del Movimento 5 Stelle e Ministro degli Esteri nel governo Conte 2, è tornato in tv, a Piazzapulita su La7, e ha parlato di un documento di dicembre 2020, per dimostrare che l’ok politico alla riforma del Mes era arrivato prima della caduta del governo Conte. Di Maio premette che nell’ultimo anno ha sostenuto il governo Meloni «su alcune scelte coraggiose come quelle sull’Ucraina» (quasi come a dire di averle protetto le spalle). Ma sul Mes - aggiunge Di Maio - «il premier mette in dubbio il mio onore. Il governo Conte2 ha votato la ratifica del Mes perché non rappresentava una minaccia per l’Italia. Anche Meloni può decidere di non ratificarlo. Ma è falso che io abbia firmato il mandato all’ambasciatore quando non ero nei miei pieni poteri». Il fax è stato firmato il 20 gennaio, e il governo è caduto il 26; il giorno 27 si è conclusa la procedura con la firma dell’ambasciatore. «Sono abituato a ricevere attacchi, ma non si può dire che gli ambasciatore sono stati complici di un disegno cospirazionista».

Di Maio è ripiombato per qualche ora nell’agone della politica italiana durante l’esperienza da inviato Ue per il Golfo Persico: alcuni osservatori hanno letto questo intervento come una mossa che anticipa un possibile ritorno in campo. Gigino ha aggiunto il suo tassello al “faxgate”. Cioè lo scontro ferocissimo intorno a quella comunicazione firmata proprio da Di Maio, mostrata da Giorgia Meloni l’altroieri in Senato, che autorizzava il rappresentante permanente d’Italia presso l’Ue a siglare la modifica del Meccanismo è datata 20 gennaio 2020. Accusando di aver compiuto questo passo importantissimo «quando il governo Conte era dimissionato, in carica solamente per gli affari correnti». Vero che il gabinetto delle quattro sinistre avrebbe rassegnato le dimissioni sei giorni dopo. Ma è altrettanto vero che la firma dell’ambasciatore verrà apposta l’indomani delle dimissioni del premier, il 27 gennaio. Dunque, la procedura si completò quando, effettivamente, il governo era dimissionario. Secondo Di Maio, la forma dell’ambasciatore era «solo un atto meramente di firma. All’Eurosummit di dicembre 2020 si era già deciso tutto con la scelta di Conte. Non c’era nulla di segreto».

 

Al di là del balletto dei calendari, inoltre, va ricordato che il governo Conte 2 già da mesi attraversava una profonda crisi politica, e a cavallo tra il Natale 2020 e l’inizio del 2021 si era messo in moto un lavorio sotterraneo per puntellare la maggioranza. Intanto, il dato politico dell’assenso politico del Conte 2 alla riforma del Mes è assodato. Una implacabile legge dell’archivio che fa risultare ancor più spericolata la posizione dell’attuale leader del Movimento 5 Stelle. Conte, in un’intervista al Foglio, a precisa domanda risponde al giornalista: «Ma le pare che voterò il Mes? Il Mes se lo voterà la Meloni. Con il Pd, Italia Viva e Forza Italia».

E più tardi, ai microfoni di Rtl 102.5, osserva: «Il vero problema per Meloni è che si sente costretta ad approvare» il Meccanismo «perché vuole far parte del Club di Bruxelles e Washington. Adesso sa che se non lo ratifica scontenterà il club. Quindi il Mes passerà, però sarà costretta a contraddire tutte le campagne elettorali che ha fatto». Disse colui che, a proposito della smania di accreditarsi, fu captato in un fuorionda con Merkel mentre, da premier del governo Movimento 5 Stelle-Lega, non parlava benissimo (per usare un eufemismo) del suo alleato Salvini. Poi, in un intervento social, il leader pentastellato si concentra sul fax della discordia, riportando un titolo di Repubblica sullo sfalsamento delle date.

 

«Mi preoccupa fortemente un premier disposto a tutto, pure a mentire. Mi preoccupa fortemente un premier che viene in Parlamento e anziché parlare in modo responsabile, fa cabaret. Basta con questo fumo degli occhi degli italiani, basta con questa confusione». E aggiunge: «Meloni, sii per una volta coerente, dai per una volta una gioia ai tuoi elettori: vota e fai votare no alla ratifica del Mes, come hai sempre promesso». Insomma, un invito alla coerenza da un pulpito che non ha proprio i titoli per occupare. E poi, parlando con i giornalisti in Senato, si abbandona ad un altro rilancio: «Potrei anche rivedere la mia agenda di fine settimana e fare un bel dibattito con Meloni sul Mes ad Atreju. Atreju, ricordo, è un cavaliere coraggioso, potrebbero loro dimostrare coraggio».

Da FdI fanno sapere di aver invitato altri esponenti pentastellati che però hanno declinato. Intanto, si prefigura un ulteriore rinvio sul passaggio alla Camera del Mes, ricalendarizzato per la prossima settimana, cosa che potrebbe prefigurare uno slittamento al 2024. Sul punto, il ministro dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani dice: «La questione per il governo e per la maggioranza è rinviata più avanti». La terza carica dello Stato Lorenzo Fontana osserva: «Quando si arriverà al momento del possibile esame, l’Aula sarà nelle condizioni di assumere ogni decisione».

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