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Pozzolo, ecco tutta la verità sul pistola del veglione

Pietro Senaldi
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Se questa grottesca vicenda fosse un racconto noir, il titolo sarebbe “L’ultima, incredibile, notte dell’onorevole P”. Dove “P” può stare per Pozzolo, cognome all’anagrafe del malcapitato esponente di Fdi il cui mini-revolver ha ferito un invitato al veglione di fine anno del sottosegretario Delmastro, ma anche per Pistola, nome d’arte che il tapino si è conquistato sul campo nel set del mistero e con il quale noi di Libero lo abbiamo prontamente ribattezzato. Oppure la “P” di Patatrac, dai danni che il suo agire sconsiderato rischia di produrre a Fratelli d’Italia, al governo e al premier, o ancora di Punizione, il destino al quale il nostro pare non potrà sfuggire. Ma bando ai giochi di parole, perché la situazione è grave e pure seria. Il più affranto di tutti è senza dubbio Delmastro, che Pozzolo non l’aveva neppure invitato. È stato un rincorrersi di tragiche fatalità.

Il sottosegretario organizza la festa di Capodanno a Rosazza, sulle colline biellesi, paesino di cento anime amministrato dalla sorella Francesca, un gioiello di seconde case nobiliari a prezzi proletari. Cinquecento euro e i locali del circolo privato sono affittati per la serata. Anche l’onorevole “P” è in paese per il veglione, non è previsto ma riconosce la macchina con la scorta di Delmastro ed entra con il bambino più piccolo in braccio e padre e moglie al seguito. Saluti, convenevoli... «Ti spiace se ripasso dopo la mezzanotte per il brindisi beneaugurante?». «Ma no certo, figurati...». Invitata era invece la vittima, un operaio di 31 anni, genero di un agente della scorta del sottosegretario. L’uomo, ferito superficialmente, è stato dimesso dall’ospedale già il primo gennaio e si è recato dai carabinieri per recare testimonianza subito, senza neppure passare da casa. La prognosi è di dieci giorni e la sua massima preoccupazione sarebbe che la malattia gli impedisca di rivincere il premio di dipendente dell’anno, che la sua azienda gli ha riconosciuto per il 2023. Era lì per volontà della scorta, che aveva chiesto di poter passare il Capodanno con i famigliari. Lenticchie, vino, torte salate, panettoni, ogni famiglia aveva portato qualcosa, quasi come alle feste tra ragazzi...Tutto fila liscio. Fin troppo.

 

 

A mezzanotte e mezza già si sbaracca. Si spartiscono gli avanzi, li si porta in macchina, si raccoglie la spazzatura e la si carica, perché nel paese non c’è un posto dove smaltirla... È a questo punto che riappare Pozzolo. Accidenti, è ripassato davvero, non era una di quelle cose che si dicono tanto per dire... E va bene, un ultimo brindisi con il cappotto già sottobraccio e di nuovo ad ammassare cibi e bevande nella macchina. È a quel punto, con Delmastro nel piazzale, come conferma la vittima ai carabinieri, che parte il colpo. La scorta consiglia al sottosegretario di andare a casa ma lui resta finché non arrivano i soccorsi. Non si scappa anche dalle non responsabilità, questione di ruolo. Da quel momento, e nei due giorni successivi, l’onorevole P cerca più volte di dare la sua versione al collega di partito, ma questi non vuole parlarci, non vuole averci niente a che fare, non vuol dare adito a voci. Sa di non avere colpe, avverte che il partito gli fa scudo intorno, è molto amareggiato per l’accaduto, per l’immagine della sua Biella che passa per terra di frontiera. Tace e attende giustizia. Già, ma cosa è successo dentro? Il destino, non solo penale ma anche politico, dell’onorevole P dipende dalla ricostruzione dei fatti. La sinistra gioca la sua parte, attacca e chiede le dimissioni. Qualcuno fa anche circolare la panzana che l’uomo non si sarebbe sottoposto al test per verificare se avesse addosso tracce di polvere da sparo, avvalendosi dell’immunità parlamentare, ma non è vero. Forse c’è stata una reazione di chiusura del primo minuto, sotto choc, ma i fatti sono che Pozzolo è stato in questura dalle 2 alle 9 del mattino e che alle 6 i carabinieri avevano già i risultati del test. Così giura il suo avvocato e le autorità non smentiscono.

«Non sono stato io a sparare» dettano le prime agenzie, attribuendo la frase all’onorevole P. E qui ci sono due ricostruzioni, a larghe spanne compatibili ma sostanzialmente non allineate. Teniamo presente che il parlamentare è noto in zona ma non è un volto conosciuto da tutti, specie se non si è addetti ai lavori. La vittima avrebbe detto di essersi avvicinata a un gruppo di tre uomini, incuriosita dal piccolo oggetto che uno di loro aveva in mano. «È una pistola?», la domanda spontanea. Tempo di farla e il colpo è già partito senza modo di accorgersi di nulla. Una versione che collima con quella rilasciata alla stampa da un testimone che vuol rimanere anonimo e che ha parlato dell’arma esibita dall’onorevole «molto allegro» ai presenti e forse addirittura fatta girare. Pozzalo sostiene invece che il revolver sia caduto dalla giacca e forse l’impatto con il suolo abbia fatto esplodere il colpo. Oppure è stata la mano - ma di chi - che l’ha raccolta e la pallottola è schizzata verso la gamba del genero dell’agente di scorta, attirato dal trambusto.

 

 

Il punto è che i tempi della politica non sono quelli della giustizia. Domani Giorgia Meloni incontrerà la stampa per la conferenza di fine anno, che doveva tenersi il 21 dicembre e poi il 28, ed è immaginabile quanto il premier in queste ore maledica il malanno che l’ha costretta a slittare due volte l’appuntamento. Bisogna prendere una decisione prima, onde evitare che le quaranta domande dei giornalisti siano tutte sulla notte di Rosazza. Non sembrano soffiare venti di clemenza sull’onorevole P, che sta anche per Peone. Il giustizialismo interno non è abitudine della casa ma la sospensione sembra il provvedimento più mite a cui Pozzolo può andare incontro, sempre che non si voglia procedere subito con un’espulsione pro-tempore. Potrebbe salvarlo la decisione di affidare la pratica al collegio interno dei probiviri, da regolamento di partito, mala scelta non toglierebbe le castagne dal fuoco alla premier prima dell’appuntamento con la stampa. Il giudizio di Fdi su “P” è comunque impietoso. Ha creato un guaio in un momento in cui non se ne sentiva proprio il bisogno. La sola freccia al suo arco è che aveva ottenuto il porto d’armi- che ora gli è stato ritirato- per difesa personale, perché la questura ne aveva ravvisato i presupposti di pericolo per l’incolumità e quindi era obbligato a portare l’arma sempre con sé. Solo che nessuno sapeva di questo. Non Delmastro, non Donzelli, che è il responsabile organizzativo del partito, tantomeno Giorgia Meloni. La prassi consigliata in Fdi, quando qualcuno sente di essere a rischio è chiedere la scorta, non armarsi da sé; pertanto li comportamento di Pozzolo sarebbe stato comunque sgradito ai vertici anche se l’incidente non fosse mai avvenuto. E comunque vale la regola che, se non isoli i pistola, e i pistoleri, rischi che ti scambino per uno di loro.

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