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Doppio cognome? Ecco perché il decollo nelle famiglie italiane è difficile

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Bruno Ferraro
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Cambiare il cognome ed usare indifferentemente quello del padre o della madre è ora possibile anche nel nostro Paese che si è dato una legga al riguardo, sull’onda della disciplina vigente in altri Stati (per tutti la Francia e la Germania). La disciplina contenuta nel Codice Civile del 1942, in parte modificata nel 1975 dalla legge di riforma del diritto di famiglia, era chiara, perfettamente percepita dai cittadini, conforme alla tradizione anche se di formulazione rigida.

Cambiamenti, aggiunte o rettifiche solo nei casi e con le formalità indicate nella legge sullo stato civile (art. 6); uguale tutela accordata allo pseudonimo usato da una persona in modo continuativo e come tale accettato dalla collettività (il caso di moltissimi scrittori e personaggi di ogni tempo e nazionalità); diritto della moglie di aggiungere al proprio cognome quello del marito e di conservarlo fino ad eventuali nuove nozze (art. 143 bis: si pensi al fatto che in Germania Angela Merkel ha continuato ad usare il cognome del precedente marito nonostante la separazione nel 1981 ed un nuovo matrimonio nel 1998!); dismissione del cognome da parte della moglie separata quando “tale uso sia gravemente pregiudizievole al marito ... o qualora dall’uso possa derivare grave pregiudizio alla moglie” (art. 156 bis, l‘uno e l’altro su disposizione del giudice ; prevalenza del cognome paterno nel caso di minore riconosciuto (art. 262) od adottato (art. 299).

 

Insomma tutto chiaro con il riferimento al cognome paterno. In futuro non sarà più così. Saranno i genitori a stabilire il da farsi con il risultato che il cognome potrà essere diverso tra persone della stessa famiglia e che ne sarà consentito il cambiamento ben oltre i limiti per cui era precedentemente permesso previa autorizzazione del giudice (ragioni attinenti al pudore od alla vergogna). Le ragioni poste a base delle innovazioni sono astrattamente valide ed incontrovertibili: tutela della parità di genere; considerazione per le nuove realtà sociali e per le nuove forme di convivenza. Qualcuno, a cominciare dal legislatore, aggiunge anche il bisogno di procedure meno burocratiche e più veloci, anche se c’è da temere l’insorgenza di un contenzioso giudiziario in caso di disaccordo. Il bilancio dopo il primo periodo di vigenza della nuova legge evidenzia però un numero limitato di casi in cui le nuove coppie hanno ritenuto di adottare una scelta: il che ha fatto gridare qualche femminista alla necessità di incrementare le conoscenze normative dei nostri giovani con una campagna informativa pubblica o dei mass media. Non ci si rende conto evidentemente della difficoltà di cambiare abitudini, consuetudini e tradizioni consolidate dalla notte al giorno in base alle solo leggi autorizzative delle innovazioni: questo sempre che sia poi dimostrato che il cambiamento sia sinonimo di progresso e non causa di ulteriori confusioni. Chi vivrà vedrà! Al momento possiamo affermare che tra legge e costume sociale è quest’ultimo che esce vincitore dalla competizione. 

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