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Sardegna, conteggi ancora in ballo: la giunta non decolla, cosa succede

Claudia Osmetti
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“Campo largo”, caos larghissimo. In Sardegna si fatica (ancora, a 22 giorni dal voto)non solo a formare la nuova giunta regionale, quella dell’alleanza rosso-gialla che ha tecnicamente vinto il passaggio alle urne,ma pure a ipotizzarla. È che è una questione di numeri. È sempre una questione di numeri, in verità: solo che qui sono proprio i numeri che mancano. Chiusi i seggi (era il 25 febbraio scorso) e aperte le trattative (siamo a oltre metà marzo): nel frattempo, però, con gli scrutini andati a rilento e i risultati definitivi che non sono manco stati certificati, è tutto fermo. Anzi, è tutto appeso. In stand-by, un po’ come il computer quando s’impalla: senza la proclamazione ufficiale degli eletti non si conoscono i reali equilibri interni al centrosinistra, e allora che si fa? Niente, appunto. O quasi: qualche vertice tra Alessandra Trotte (la governatrice vincente) e i partiti più piccoli della coalizione, i “bilaterali”, come li chiama il quotidiano L’unione sarda. Ma per il resto nisba. Rien. Nothing.

UNA POLTRONA PER TRE
Non è solo forma, è anche sostanza: nel senso che mica si tratta di cavilli. Sono contrappesi e in politica, i contrappesi, hanno un ruolo centrale. Si gioca tutto sui contrappesi. Esempio: al netto del calcolo informale, che lascia il tempo che trova per quanto accurato possa essere, in Consiglio regionale siederà effettivamente Martino Canu del Psi o Ivana Russu del Pd o Emanuele Matta del M5s? Una poltrona per tre e una domanda lecita, una risposta incerta e subbuglio sicuro. Se fosse Russu i democratici sarebbero in dodici (consiglieri), se fosse Matta i grillini diventerebbero otto (sette, se si toglie Todde): ma per le regole sarde ne occorrono quantomeno tre per avere un assessorato e quindi anche uno, uno solo, fa la differenza. Senza Russu gli assessori dem potrebbero essere tre, con quattro. È un po’ di tempo che non si sente più lo slogan, però quell’uno-vale-uno di pentastellata memoria, a conti fatti, adesso, a Cagliari, è tutt’altro che veritiero. E infatti ci sono le riunioni informali, sì, ci sono i “bilaterali” con chi è quasi certo, ci sono i rumors: ma giusto quelli.

Come prima prova, quella del “campo largo”, non sta partendo benissimo. Non sta partendo e basta. Non c’è l’accordo (non c’è nemmeno la sua parvenza) neanche sul nome del presidente del Consiglio regionale. Che è una figura più istituzionale e che, in genere, si individua con una relativa facilità. Stesso problema, stesse cifre bollate che latitano. Forse il più papabile è Piero Comandini, il se gretario dei dem della Sardegna, epperò la consigliera più votata dovrebbe essere Desirè Manca (del Movimento): Manca si accontenterà di un assessorato (e quale?). La tradizione, tra l’altro, la consuetudine, vorrebbe che la carica spetti al primo partito della coalizione, ossia al Pd, ma andrà davvero in questo modo? Reggeranno i tentativi di unificazione in un “campo largo” che è compatto ma solo a parole (tanto che è sufficiente ve dere cosa sta succedendo in un’altra Regione italiana, la Basilicata, per capire che qualcosa scricchiola)? Per intanto restano i dubbi, le incertezze. Chi guiderà l’assessorato al Bilancio, notoriamente tra i più importanti? Magari (ancora) il Pd con Cesare Moriconi. Magari. Magari dipende proprio dal seggio di Russu. E quello della Sanità, che pure in campagna elettorale è stato un martello battente del centrosinistra?

ASSESSORATI NEL CAOS
Non si sa. Dopo tre settimane dal voto ciò che resta sono gli occhi puntati. Non tanto sulla politica quanto sulla Corte d’appello che giusto venerdì ha ricevuto «dall’ufficio centrale circoscrizionale di Cagliari l’ultimo degli otto verbali delle operazioni» (le virgolette sono della presidente Gemma Cucca) e che fa conto, entro «tempi ragionevoli», cioè probabilmente nei prossimi giorni, di procedere con la «proclamazione del presidente e dei consiglieri eletti». Non è colpa dei tribunali e non è colpa (ovviamente) neanche degli elettori. È solo che dopo le belle sfilate sorridenti di Elly Schlein (Pd) e Giuseppe Conte (M5s) a Cagliari, vittoria-vittoria, Todde è rimasta bloccata. E l’assedi centrosinistra pure. È passato (quasi) un mese: e il “campo largo” è ancora imbrigliato. Senza contare che, l’ipotesi è remota ma non impossibile, entro sessanta giorni dalla certificazione dei risultati potrebbe scattare persino il ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale, non sul riconteggio dei voti in toto (non è possibile secondo le leggi sarde), ma su quello delle singole sezioni in caso di controversie sulla validità dei risultati sì. E allora altro che “campo largo”: campa cavallo.

 

 

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