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Matteo Salvini, il retroscena: così tenta la spallata contro Usrula von der Leyen

Francesco Storace
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Gli uccelli del malaugurio cambino mestiere. Se la Lega è in crisi, quella che ha manifestato ieri a Roma in gran spolvero doveva essere un altro partito. Prevedevano il flop, ma la gente non riusciva più ad entrare per quanta ce n’era. E se c’era un luogo dove hanno lumeggiato valori e futuro, identità e tradizione, cuore e comunità quello aveva come epicentro gli studios della Tiburtina, dove Matteo Salvini ha radunato la destra europea e perfino quella americana.

Quella che si apre per il 9 giugno si preannuncia come una campagna elettorale frizzante. E la Lega issa tutte le sue bandiere assieme ad alleati che non sbagliano una virgola rispetto al linguaggio comune. A proposito, dal palco di Roma ha parlato anche Giancarlo Giorgetti, ministro dell’economia e presunto animatore della fronda anti Salvini: è stato il più duro di tutti verso un’Europa che ci fa morire di burocrazia. La rivendicazione è per una politica che decide e non lascia marcire i problemi dei popoli.

La Lega è al risveglio e la manifestazione – ben coordinata dal capogruppo uscente di Strasburgo Marco Zanni – ha messo in campo i contenuti che servono per cambiare questa Europa: le follie estremiste green che mettono in ginocchio agricoltori, aziende, lavoratori e famiglie; le scelte europee che spalancano le porte all’immigrazione clandestina e che impongono tasse, burocrazia e limitazioni a chi vuole fare impresa; ma anche le decisioni di Bruxelles per limitare la libertà di pensiero e per controllare ogni aspetto della vita dei cittadini. Tra interventi in diretta dal palco e quelli registrati da fuori, la platea ha trovato le parole d’ordine della campagna elettorale. Per costruire una fortezza europea dal punto di vista culturale e sociale e nel nome del benessere e della libertà, una svolta da imprimere contro ogni sottomissione.

 

L’AMICIZIA
Ed è palpabile anche l’amicizia tra i leader. Amicizia tra leader europei e di Oltreoceano, da Gerolf Annemans, presidente del Partito Identità e Democrazia a Harald Vilimsky, capo delegazione di FPÖ (Austria) al Parlamento Europeo; da Marine Le Pen, leader del gruppo parlamentare Rassemblement National (Francia) a Vivek Ramaswamy, imprenditore ed ex candidato alle Primarie Repubblicane 2024 (Stati Uniti); fino ad André Ventura, leader di Chega (Portogallo). Uno per tutti e tutti per uno. Con la battaglia annunciata anzitutto dalla Le Pen e da Ventura contro Ursula Von Der Leyen. E la richiesta a Giorgia Meloni di non sostenerla.

Alla vigilia delle presidenziali americane, l’apprezzamento generale è stato per il rappresentante dei repubblicani americani: agire ”nel nome della verità”, difendere la libertà di espressione con tutte le nostre forze. Tutt’altro che banale. Poi Salvini. Anche lui contro la conferma della commissione uscente della Ue, ed entusiasta per il clima della manifestazione. Combattere per la pace, il benessere, la prosperità. E ha scandito: «No ai soldati in guerra, no all’Europa nella terza guerra mondiale». E poi, rifiuto della stretta social: «Non si può accettare la psicopolizia». La botta più forte, quella sul dissenso fortissimo verso l’interpretazione letterale del Corano, «che è incompatibile con la democrazia». In Europa per vivere, non per sopravvivere, è il messaggio del capo della Lega, con libertà economiche e valori. La civiltà ci accompagni, la storia ci illumini, la cultura ci formi, la tradizione e l’identità siano il faro del vecchio continente. Da qui passano i venti del cambiamento.

 

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