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Giovanni De Luna, lo storico anti-Meloni sul giornale francese

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Lorenzo Cafarchio
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Osservare così tanto dentro di sé da voler proiettare sul nemico la propria immagine. Questa volta, però, in versione Libè. In versione francese. Mentre il premier libanese saluta ogni donna bionda con capello leggermente mosso come fosse il Primo Ministro Giorgia Meloni, in Francia la stampa leggasi Liberation - ci racconta che «in Italia, l’estrema destra fa razzia di cultura». Va bene, ma lei è del mestiere? Mentre siamo immersi, da mesi ormai, nella bolla dell’egemonia culturale con uomini e donne di intelletto pronti a sfoderare il gramscismo di destra come fosse l’excalibur de ’noantri - anche se, per dirla alla Fausto Gianfranceschi, ci solletica maggiormente il bottaismo di sinistra - la penna di Eric Jozsef sulle colonne del quotidiano transalpino ha concepito l’ennesimo Frankenstein giornalistico.

«Cambiare il modello culturale», innanzitutto, è chiaro, mettendo «in discussione il patto della memoria che ha dato vita alla Repubblica italiana dopo la caduta del Fascismo». E perché no il cerchio magico meloniano passa il tempo a cercare di «minimizzare i crimini di Mussolini, sostenendo, ad esempio», tenetevi forte perché questa è proprio nuova di pacca, «che egli fece cose buone».

 


L’assistenza gli arriva tutta dallo storico battipagliese Giovanni De Luna, che, come molti intellettuali anti-destra, non vedeva l’ora di parlare un po’ male dell’Italia. Il tavolo del dibattito è imbandito ancora come fosse il 1944 dove «la crudeltà della Repubblica Sociale di Salò fu dovuta ai tedeschi o fu una reazione alle azioni dei partigiani». Santo il partigiano senza macchia. Ed è lapalissiano che «non c’è nulla di storico in questa narrazione». Come scusate, cos’è questo rumore? Unghie sugli specchi. Perché alla fin fine «l’obiettivo è quello di mettere sullo stesso piano Fascismo e antifascismo». Nel perenne gioco degli specchi intravedere la propria immagine svanire è un atto di sdegno. Il tentativo europeo, in vista delle Europee, di disegnare un perimetro che nulla riguarda il piano delle idee e delle visioni, ma che rimane tutto nell’ambito ideologico. Perché ci hanno raccontato che le ideologie sono finite, nella mera speranza post-novecentesca che siano scomparse quelle altrui. Quelle attribuite, per citare Marco Tarchi, ai presunti esuli in patria radunati attorno a Giorgia Meloni. Una musica di Buscaglione. E vorrei poterti dire, guarda De Luna, guarda che bile.

 

 

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