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Maria Elena Boschi: "C'è chi si dice imparziale ma fa più politica di noi"

Massimo Costa
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«I commentatori a volte sono più convincenti dei politici e influenzano le opinioni dei cittadini. Travaglio? Rientrerebbe nella norma, ma non solo lui...». Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva, non arretra e spiega a Libero la ratio della sua proposta di allargare le norme della par condicio anche ai giornalisti.

Onorevole Boschi, perché applicare le stesse regole della par condicio ai commentatori?
«Per squarciare il velo dell’ipocrisia. È evidente che i commentatori possano influenzare l’opinione pubblica quanto gli esponenti politici. Anzi, forse di più, perché giocando sul ruolo di apparente terzietà alcuni rischiano di essere più convincenti di tanti politici. Senza contare che alcuni opinionisti sono ormai diventati veri e propri personaggi televisivi e sui social hanno moltissimi followers. Da tempo trasmissioni tv invitano giornalisti a sostenere differenti tesi politiche, lo sanno tutti. E allora perché non farlo in modo trasparente e regolamentato almeno in periodo di par condicio? Se ci sono giornalisti terzi e imparziali è un conto, ma se ci sono giornalisti che sono in realtà opinionisti che più che fare domande offrono risposte, devono rientrare nelle regole della par condicio al pari dei politici. Osi sostiene che in campagna elettorale si confrontano solo i politici nei vari programmi di approfondimento oppure ci devono essere regole che garantiscano a chiunque partecipi di farlo nel rispetto delle regole sul pluralismo».

Qual è lo spirito della sua proposta?
«La par condicio si applica solo in un ristretto periodo temporale prima delle elezioni e serve a garantire che i cittadini possano formarsi una loro opinione in modo libero e tutti i candidati possano avere le stesse opportunità in vista del voto. Serve a tutelare imparzialità e completezza. Non vedo perché si debba applicare solo agli esponenti politici e non a chiunque possa con le proprie opinioni politiche influenzare i cittadini, anche in modo significativo. Del resto, la mia proposta è scrivere nella delibera della Vigilanza Rai almeno quanto prevede lo schema della delibera Agcom, ossia che occorre considerare ai fini della par condicio “qualsiasi persona chiaramente riconducibile ai partiti o alle liste concorrenti” e anche le “posizioni di contenuto politico espresse da soggetti e persone non direttamente partecipanti alla competizione elettorale”».

È una norma anti-Travaglio? Molti diranno che è incostituzionale e liberticida...
«Non è una norma anti Travaglio, ma dalla sua reazione aggressiva sulla prima pagina de Il Fatto mi pare che si senta chiamato in causa... Sicuramente, Travaglio ci rientrerebbe, ma non solo lui. Qualcuno in buona fede può pensare che Travaglio non sia politicamente schierato con il M5S? Spesso è addirittura lui a dettare la linea politica ai grillini. Possiamo davvero pensare che Travaglio in tv e senza contraddittorio non sia più efficace di tanti parlamentari Cinquestelle per la loro causa? E allora non c’è nulla di liberticida nel chiedere che almeno nelle settimane precedenti al voto se Travaglio o altri esprimono in una trasmissione Rai una opinione politica questa sia conteggiata ai fini della par condicio. Al contrario, sarebbe una violazione dei principi della par condicio consentire di fatto che venga violata o bypassata mediante opinionisti schierati ammontandoli di imparzialità. Poi, sono tutte previsioni che operano più che altro come principi preventivi senza vere e proprie sanzioni. Al massimo si può chiedere il riequilibrio».

Scusi, non è meglio risolverla alla vecchia maniera con due punti di vista culturalmente differenti nella stessa trasmissione Rai?
«Certo. Ma per fare questo occorre che passi il principio che quello che vale per i politici valga per i commentatori che siano o meno giornalisti. Per cui se c’è un commentatore che esprime una opinione politica deve essere dato lo stesso identico spazio ad una opinione diversa. Ho voluto sottoporre un tema che penso sia significativo per una discussione pubblica e trasparente. I principi dell’Agcom possono essere un inizio. Se ci sono idee migliori, ben vengano».

Non pensa che un commentatore possa avere – su argomenti diversi - opinioni diverse e dar ragione di volta in volta a partiti differenti?
«In alcuni casi è cosi, non c’è dubbio. Ci sono molti giornalisti che fanno il loro lavoro con serietà e terzietà. Altri, legittimamente, esprimono la loro opinione o vicinanza politica. In quel caso, a mio avviso, devono essere considerati al pari di esponenti politici in fase di par condicio».

Non sarebbe più logico riequilibrare culturalmente la Rai?
«Sono due temi diversi. In questa fase stiamo discutendo delle regole che debbono applicarsi in campagna elettorale alla Rai sulle quali la commissione di vigilanza deve indicare criteri oggettivi, prevedibili e il più possibile puntuali al pari di quello che fa parallelamente Agcom. Altro tema, più generale, è chiedere che la Rai svolga davvero un servizio pubblico offrendo una informazione corretta ed imparziale e non diventi megafono del governo».

La sinistra fa i sit-in ma ha lottizzato viale Mazzini per anni. Non crede?
«Tutti i dati ci dicono che oggettivamente in passato non c’è mai stato un tale squilibrio tra maggioranza e opposizione negli spazi Rai. Dopodiché, anche oggi almeno un pezzo delle opposizioni, ossia il M5S, continua a mettersi d’accordo con la maggioranza sulle varie nomine. Ma proprio perché da tanti anni assistiamo a questi giochi di potere assume ancora più importanza che almeno la par condicio si applichi in modo serio e rigoroso».

Quanto ha influito la vicenda giudiziaria di suo padre nel lancio di questa proposta?
«Zero. Qui mio padre non c’entra nulla. Non stiamo discutendo dello spazio mediatico spropositato riconosciuto alle indagini per anni per poi avere 30 secondi di notizia per l’assoluzione come è successo a mio padre e a tanti altri italiani. Qui stiamo parlando di par condicio che è un tema completamente diverso. Ogni forza politica ha il diritto di partire dallo stesso punto di partenza in campagna elettorale, senza r ,r( sgambetti. Poi chi ha più fiato correrà male regole devono essere uguali per tutti». 

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