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FdI, Melchiorre contro Decaro: "Lascia in eredità a Bari una guerra tra clan"

Pietro Senaldi
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«La cartolina di Bari debellata dalle infiltrazioni mafiose non c’è più; anzi, non c’è mai stata, era un fotomontaggio, una fake come si dice oggi. L’eredità che il sindaco, Antonio Decaro, lascerà alla città è una guerra di mafia».

Cosa sta succedendo a Bari, senatore?
«Sannicandro, Carbonara, Torre a Mare: negli ultimi giorni ci sono state tre sparatorie nell’area metropolitana, con Lello Capriati, il nipote di un super boss, Tonino, freddato in strada. Da quella manifestazione di due settimane fa in cui il governatore Emiliano raccontava dei suoi incontri con la sorella dei capi mafiosi, l’atmosfera si è fatta pesante».

Stanno cambiando gli equilibri di potere?
«Ci sono due livelli. Quello politico, con le inchieste per compravendita di voti che stanno massacrando la giunta regionale e la maggioranza in Comune, e quello più sotterraneo, dove si regolano i conti con il revolver: 130 arresti cambiano le cose, se poi due settimane dopo arriva un’inchiesta con settantaquattro persone coinvolte e sindaci e consiglieri regionali in manette o indagati...».

Però qualcosa è stato fatto, la città è ripulita...
«Rispetto a trent’anni fa sì, ma aveva iniziato il sindaco forzista Simeone Di Cagno Abbrescia, morto proprio la settimana scorsa. Io ai tempi ero assessore ai Servizi Sociali e con l’allora prefetto Tommaso Blonda creammo le reti social».

E chi è arrivato dopo di voi?
«Ha continuato l’opera, ma in maniera meno sostanziale. Bari appare ripulita certo, ma sotto il balcone di Decaro, in municipio, c’è un parcheggio dove gli automobilisti devono pagare due biglietti, uno all’Amtab, per non avere la multa, e poi un altro al parcheggiatore abusivo, per non avere la vettura graffiata. E così in stazione, in corso Cavour, in tanti nodi strategici della città. Il sindaco non riesce, o non vuole, battere il racket nemmeno sotto il suo portone».

Il senatore Filippo Melchiorre, quasi trent’anni in consiglio comunale, la storia della destra cittadina, da An a Fratelli d’Italia, si dice «triste da barese, perché questa è una città di imprenditori, commercianti e lavoratori, non di mafiosi, ma per nulla stupito; si è preferito girare la testa dall’altro lato piuttosto che affrontare il problema». Fuori, in corso Vittorio Emanuele, parlano Nichi Vendola e Giuseppe Conte. Erano venuti in città per le primarie della sinistra, saltate dopo il passo indietro di Conte. La scelta era tra Vito Leccese, ex capo di gabinetto sia di Emiliano sia di Decaro, “un sottoscala della politica”, da definizione del taxista, parlamentare di trent’anni fa, favorito, e Michele Laforgia, appoggiato dai grillini e dalla sinistra-sinistra del Pd, figlio del sindaco Leonida, che qui si è meritato perfino una via. «Ma il centrosinistra i voti non li raccoglie nelle piazze», chiosa Melchiorre, «glieli portano le zattere», come le chiamava il compianto Pinuccio Tatarella, che qui è più vivo che mai.

 

 

 

Cosa sono le zattere, senatore?
«Le zattere sono quei contenitori politici che si muovono secondo come tira la corrente e ti fanno vincere o perdere le elezioni. Anita Maurodinoia, campionessa di preferenze con seimila voti in città quando la media di un eletto è di un migliaio, indagata ieri perché accusata di pagare 50 euro a consenso, è una zattera. Era di una lista centrista, Sud al Centro, il Pd l’ha premiata tesserandola ed Emiliano le ha dato addirittura un assessorato dopo che è risultata prima dei non eletti nel listino dem. Anche Carmen Maria Lorusso, arrestata due settimane fa perché accusata di scambiare i voti con le assunzioni nella municipalizzata dei trasporti, l’Amtab, è una zattera. Altra zattera, il marito Giacomo Olivieri, anch’egli in manette».

Decaro ha detto di aver denunciato per tre volte voti di scambio nella propria maggioranza e nell’opposizione...
«Lo apprendiamo tutti oggi; è la prima volta che lo afferma. Fino a ieri sosteneva di aver debellato la mafia».

Ed Emiliano?
«Non è una questione di nomi, ma di sistema. Il sistema Pd in Puglia è questo: per vincere servono i voti e i dem non li prendono facendo politica ma infarcendo le liste di questi personaggi; vogliamo chiamarli scambisti?».

Mi scusi senatore: se il candidato compra i voti e i cittadini più in difficoltà se li vendono per quattro lire, c’è anche un piazzista?
«Bingo. Certo, quel sistema che è finito in manette e che è stato scosso al punto da tornare a sparare».

Io però il Pd mafioso non ce lo vedo...
«Non dico assolutamente questo. Il punto è che sia Decaro sia Emiliano sapevano benissimo che si caricavano delle zattere, alle quali si sono aggrappati come naufraghi per restare a galla e vincere le elezioni».

Lei crede a Emiliano, che afferma di aver portato Decaro dalla sorella del boss Capriati, o a Decaro, che sostiene che Emiliano ricorda male?
«Delle nove versioni fornite dal governatore e dal sindaco, una sarà vera. Credo che l’incontro ci sia stato perché Emiliano l’ha raccontato più volte e Decaro l’ha smentito solo quando è diventata una gaffe nazionale. Ma sul palco, quando Emiliano parlava, Decaro annuiva e faceva il segno della pistola, quella che gli avrebbero puntato alle spalle e per la quale avrebbe chiesto aiuto, ancor prima che il presidente parlasse».

Quando uno va a dire una cosa a un mafioso, in genere gliene viene chiesta di contro un’altra...
«La lezione dei cento passi di Peppino Impastato. Tu con la mafia non ci devi mai parlare, tantomeno le devi affidare qualcuno, perché può essere interpretato male».

La Schlein ieri ha detto che il Pd non accetta voti sporchi...
«Allora le conviene cercare nuovi candidati».

In che senso?
«Laforgia ha accusato il suo competitor, Leccese, dicendo: “Io non ho voti sporchi”. Però da notizie di stampa risulta che anche Laforgia si aggrappi a qualche zattera».

 

 

 

Forse alla Schlein converrebbe chiedere al governo di commissariare Bari?
«Se fossi Decaro, mi dimetterei per evitare lo scioglimento del consiglio comunale, che nessuno auspica ma, in mancanza di questa mossa, a questo punto mi sembrerebbe motivato. Quanto alla Schlein, forse un commissariamento della città aiuterebbe il Pd in questo momento; quantomeno a fare chiarezza ed essere più sereno. Ma a questo punto mi chiedo se non servirebbero provvedimenti anche in Regione. Le inchieste sono due ma il sistema è unico».

Conte ha detto che lui continua a sostenere Laforgia ma si sfila dalle primarie...
«Conte è furbo. Corre sempre contro il Pd, anche quando ci si allea. È un campo di larga battaglia. Se Laforgia vince, lo sostiene; se perde, lui si era già sfilato e si tiene le mani libere per aumentare il consenso in città. Bari vota con le Europee...».

Ma perché Decaro ha fatto quella sceneggiata, davanti alle telecamere, piangendo e sostenendo che il governo giocava sporco contro di lui?
«Sono numerose le volte in cui Decaro ha pianto lacrime di coccodrillo. A Bari si dice “piangi e mangi”. Ha messo le mani avanti. E poi, quando si fa politica affidandosi alle agenzie di comunicazione... Quelle vanno bene per vendere qualcosa che non esiste, come la Bari senza zattere e infiltrazioni mafiose, non per difendersi da inchieste documentate».

Ma lui, a parte l’opportunismo nell’irrobustire la sua maggioranza senza andare troppo per il sottile, che colpe ha?
«Che l’Amtab fosse un verminaio lo sapevano tutti; perfino una parte della maggioranza di Decaro era disgustata. Solo il Pd l’ha sempre difesa. L’opposizione ha provato più volte a chiedergli conto della municipalizzata, che ha un buco di 4 milioni, e di aprire un tavolo comune per venirne a capo, ma lui si è sempre rifiutato. Io stesso gliel’ho chiesto più volte».

Cosa le ha risposto?
«Che cinque anni fa ho perso le primarie».

E allora?
«Infatti, non è una risposta. E poi io sono orgoglioso di aver perso le primarie. Allora Fdi era al 2% in città e a battermi è stato Pasquale Di Rella, che la volta prima era stato campione di preferenze nel Pd e cercava spazi. Una super zattera. Lui non è indagato ma molti di coloro che lo sostenevano sono poi stati arrestati».

Davvero anche parte della sua maggioranza incalzava Decaro sull’Amtab?
«Francesco Giannuzzi, consigliere della lista Decaro, ha attaccato la municipalizzata in consiglio comunale, denunciandone tutto il malaffare. Decaro e tutta la maggioranza sono usciti dall’aula per non ascoltarlo. Lo hanno isolato perché diceva la verità. Questo addirittura all’indomani dei primi 130 arresti».

La candidatura di Decaro per le Europee è a rischio?
«Questo dipende dalla serietà del Pd e della sua segretaria. Il Pd in Puglia è come il Titanic. Emiliano e Decaro mi sembrano Leonardo Di Caprio e Kate Winslet sul ponte. Solo che loro non si amano. In compenso li sente i comizi di Conte e Vendola qui sotto? L’orchestrina suona stoica e indifferente».

 

 

 

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