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Il terremoto è fascista: l'ultima sparata su Repubblica

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Cosa c’entra la «rimozione dei terremoti» con la «rimozione del fascismo»? Ah, saperlo. Eppure Paolo Rumiz, viaggiatore, giornalista e scrittore, su Repubblica accosta i due pericoli. Nel senso: il «silenzio sismico» che avvolge l’Italia meridionale, dove pure ogni dodici anni e mezzo si verifica un terremoto di magnitudo 6, come quello di Amatrice, è simile secondo Rumiz all’indifferenza che circonda il ritorno dei rigurgiti fascisti in occasione del 25 Aprile. «Il caso Scurati parla chiaro», aggiunge in riferimento alla polemica della settimana sulla presunta censura della Rai ai danni dello scrittore autore di «M, il figlio del secolo».

Rumiz studia le statistiche sui sismi. Poiché sono 44 anni, dal terremoto dell’Irpinia del 1980, che la terra non trema in modo significativo, «più dura il sonno sismico e più il rischio aumenta». E fin qui è difficile non concordare con il saggista e viaggiatore di Repubblica. Così come è facile essere d’accordo quando Rumiz batte il tasto della prevenzione, perché solo così è possibile ridurre i danni dei terremoti. Del resto, ricorda, «a parità di scosse le distruzioni (in Italia, ndr) sono state decisamente maggiori rispetto a Paesi come il Giappone o la Nuova Zelanda». E «ricordare questa spada di Damocle che incombe sul Sud equivale a prevenire il collasso di un pilastro dell’identità italiana».

Più difficile è concordare con Rumiz quando, di punto in bianco, tira fuori dal cilindro il «fascismo» collegando - sotto il profilo della gravità - le due rimozioni. «Rimuovere i terremoti è come rimuovere il fascismo. Significa non fare nulla perché il peggio si ripeta». Di più: «Oggi il semplice fatto di ricordare è diventato atto di eversione». Rumiz la buttà in mezzo alla sua analisi, visto che poi riprende la trattazione sui rischi del terremoto, ricordando come nel Mezzogiorno «il terremoto ha assunto dimensioni bibliche, provocando fughe di massa e vuoti spesso incolmabili nella trama abitativa».

 

 

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