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Piero Fassino, voci dal Pd: "Imbarazzo", lo difende soltanto Alessia Morani

Salvatore Dama
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Due gocce di Chanel. Come Marilyn. Ma qui si parla di Piero Fassino e di una boccetta di profumo che gli è finita, inavvertitamente, nella tasca della giacca. Più passano le ore e più l’affare si complica. Il deputato dem, in un primo momento, ha provato a classificarlo come un banale malinteso. Non un furto. Ma qui continuano a venire fuori testimoni. Non è stato un episodio, dicono. Ma è un’abitudine. Quella di transitare nel duty free di Fiumicino e arraffare un souvenir senza passare alla cassa. Di fronte all’evidenza (c’è un video), l’ex ministro potrebbe ammettere di avere un problema. E tutto finirebbe lì, dato che i beni sottratti (secondo chi accusa) sono di valore tenue. Invece Fassino ha deciso di negare. Per ora. Dando tutta la colpa ai media, che stanno inzuppando nella imbarazzante vicenda.

Ora riavvolgiamo il nastro: è il 15 aprile, quando il nostro si aggira per il terminal Uno di Fiumicino. È in partenza per Strasburgo con la delegazione italiana del Consiglio d’Europa. Nella nuova configurazione dello scalo si è obbligati a passare all’interno del duty free. Tra scaffali di alcolici, sigarette, dolciumi e profumi. Non c’è un sistema di antitaccheggio che “perimetra” l’area. Ma dei vigilantes che tengono gli occhi su chi transita. Fassino è al reparto beauty. Vede una boccetta di Chanel e pensa di fare un regalo alla moglie. E qui le versioni divergono. Il dirigente del Pd sostiene di aver ricevuto una telefonata. A quel punto, avendo nell’altra mano il manico del trolley, alloggia «temporaneamente» il profumo francese nella tasca del soprabito. La telefonata si protrae e Piero si trova fuori dall’area del duty free. Con una boccetta in saccoccia e senza lo scontrino. Viene fermato dagli addetti, che lo stanno tenendo d’occhio. Perché? Perché, secondo la versione dei dipendenti dell’esercizio commerciale, sentiti dagli agenti della Polaria, ci sarebbero un paio di precedenti capitati prima del 15 aprile. In una occasione, secondo quanto si apprende da fonti investigative, il deputato dem non sarebbe stato fermato. In un’altra situazione, la vigilanza avrebbe sorpreso Fassino con le mani nel sacco. A quel punto, il parlamentare si sarebbe diretto alla cassa per saldare, chiudendola lì. La terza volta (ma non si sa se sono tre), i proprietari del duty free hanno scelto di non chiudere più un occhio e hanno presentato denuncia.

I verbali di quanto raccontato alla Polaria dai dipendenti del duty free finiranno nella informativa che gli investigatori nei prossimi giorni trasmetteranno alla Procura di Civitavecchia. Allegato all’incartamento anche un video di una delle tante telecamere a circuito chiuso presenti nel duty free che avrebbe ripreso le fasi del presunto furto. I frame del filmato sono stati acquisiti dalla Polaria che sta mettendo in fila tutti i tasselli della vicenda riguardante una confezione da 100 euro di un profumo Chanel. In base a quanto emergerebbe dal filmato Fassino avrebbe effettivamente tentato di trafugare l’oggetto. E ancora: il parlamentare in quel frangente non avrebbe il cellulare in mano come, invece, ha lui stesso raccontato in seguito, addebitando alla distrazione di una telefonata il gesto di mettere in tasca la confezione. Il video, quindi, potrebbe risultare determinante per chiarire la dinamica. A suo nome ha parlato l’avvocato. «n banale e increscioso episodio che avrebbe meritato un approfondimento pacato si sta clamorosamente trasformando in una aggressione mediatica, un vero e proprio processo parallelo che trova come unica spiegazione il cognome noto del cittadino coinvolto», ha affermato il legale del parlamentare, l’avvocato Fulvio Gianaria, sottolineando che proprio «per questa ragione, d’accordo con Piero Fassino, rimando ogni commento alla futura piena lettura degli atti». Acquisiti gli atti, toccherà alla procura di Civitavecchia decidere se indagare il parlamentare per furto e se interrogarlo. Ma potrebbe anche archiviare, vista la “tenuità del fatto”. Per procedere, comunque, non occorrerà l’autorizzazione della Camera, trattandosi, nel caso, di un presunto reato penale. Sui social tante critiche e il silenzio imbarazzato del Pd, soltanto l’ex sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico (governo Conte) Alessia Morani, e oggi candidata alle imminenti elezioni europee di giugno, lo difende.

 

 

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