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Sinistra italiana? No, il clan della Marsigliese: accozzaglia disperata contro Meloni

Daniele Dell'Orco
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I tenori italiani della Marsigliese si possono essenzialmente dividere in tre categorie: gli emuli, gli ultras e i redivivi. Tra i primi ci sono quelli che, di fronte ai sorprendenti risultati del secondo turno nelle elezioni legislative francesi, hanno vestito i panni dell'Avvocato di Gigi Proietti. Sono passati, cioè, dal voi perdete al noi vinciamo. Se il Rassemblement national avesse fatto il pieno di seggi si sarebbero affrettati a spiegare a tutti che un "modello" di sinistra come quello italiano in Europa proprio non c'è. Ora siccome il Nuovo Fronte Popolare ha ribaltato i sondaggi, stanno spiegando a tutti che, in fondo in fondo, hanno vinto un po' anche loro e che bisogna importare l'accozzaglia francese pure da noi. Capovaro dell'arca progressista italica è il segretario Pd Elly Schlein che ha salutato così la sconfitta di Marine Le Pen: «Risultato straordinario per la sinistra unita e una bella risposta di partecipazione. La destra si può battere». Il collega di partito, Sandro Ruotolo, scende più nel dettaglio: «Il voto francese ci dice una cosa semplice: uniti possiamo battere la destra. È vero, non basta dire no alla Meloni, bisogna riempire di contenuti il campo democratico, ma intanto possiamo dire che ci troviamo la Meloni a governare perché noi siamo andati divisi al voto».

Si rammarica quindi, Ruotolo, di aver mancato nel 2022 la chance di fare ciò che la sinistra in Italia fa da almeno trent'anni: i baracconi anti-qualcuno. Perché intanto conta non mandare al governo gli altri. Poi il tempo per lanciarsi le sedie l'uno contro l'altro si troverà. Lia Quartapelle, altro esponente dem, si scatena sulla semantica: «In Italia abbiamo dato una lettura di questo schieramento come di una "accozzaglia" perché leggiamo tutto con gli occhi italiani. Ma quello che è successo dice che lo spirito repubblicano, l'unità di fronte ai valori della Repubblica, è vivo». Come a dire che, quando scenderà in campo l'accozzaglia che stanno preparando loro, la giustificheranno dicendo che lo fanno per salvare la nostra di Repubblica. Partecipa alla festa dello Scarabeo anche Laura Boldrini, che oltre ai rimandi involontari alla Repubblica Sociale ribattezza l'Armata Brancaleone come "patto di desistenza": «Per me è stata l'alleanza dell'onore e della democrazia. I francesi si sono dimostrati all'altezza della sfida e si sono uniti con un patto di desistenza che non era ovvio che l'elettorato seguisse».

 

 

Più pirotecnica la categoria del gruppo ultras appena fondato: i transalpini d'Italia. Quelli, cioè che avevano già il velo nero addosso, e poi invece domenica sera hanno tolto dal cassetto la vuvuzela. A cavalcioni sugli spalti della curva c'è Angelo Bonelli di Alleanza Verdi-Sinistra che, una volta intonata la marsigliese, dice: «Ora dobbiamo andare avanti in Italia per un'alleanza democratica, antifascista, progressista ed ecologista per cacciare l'estrema destra dal governo». Abbinato come il cacio sull'amatriciana anche il suo sodale Nicola Fratoianni: «Per battere la destra estrema, aggressiva, identitaria e nazionalista serve una proposta coraggiosa ecologista e di sinistra, femminista. E in Francia l'hanno costruita».

Immancabile nella categoria anche Ilaria Salis: «Quando la percezione del pericolo aumenta e la posta in gioco è chiara scrive su Instagram -, quando la sinistra propone senza paura "cose di sinistra" nutrendosi delle lotte sociali e culturali, quando ci si emancipa dalla subalternità all'ideologia del capitalismo neoliberista (il macronismo) e ci si orienta verso un orizzonte diverso, quando l'antirazzismo diventa pratica per affermare una reale uguaglianza, quando cioè ci si concentra sulle vite concrete, allora l'antifascismo può vincere». La vincitrice del biglietto esci gratis di prigione non ci ha capito granché, visto che la sinistra non si è emancipata da nessun macronismo. Anzi. Il Nfp, forse non lo sa, è composto, tra gli altri, dal Partito socialista, da quello comunista, da quello ecologista Europe Écologie Les Verts e da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Siccome questo fronte non sta in piedi, e addirittura dentro lo stesso partito di Mélenchon ci sono già degli scissionistai Emmanuel Macron sta lavorando per accaparrarsi i più presentabili tra gli impresentabili (i socialisti e forse i verdi) per convincerli a formare un esecutivo senza radicali tipo Salis.

Nell'ultima frangia, quella dei redivivi, ci va di diritto Luigi De Magistris che starebbe però benissimo anche tra i black bloc politici, perché dice: «Vince la sinistra radicale, quella che in Italia esiste nelle lotte, nelle opposizioni sociali, in esperienze politiche dal basso, non in quella politica di finta sinistra di sistema che ha tradito la Costituzione e consentito alle destre di andare al potere». De Magistris, quindi, incolpa Schlein e compagni di non essere abbastanza compagni, e li invita a prendere esempio dagli islamofili, dai violenti, dagli ultraradicali che Mélenchon ha portato in Parlamento. Straordinariamente redivivo, infine, Piero Fassino, che si è preso una pausa dalla vicenda dei profumi rubati all'aeroporto di Fiumicino per dire: «La Francia ha detto no alla destra. Un risultato straordinario per la democrazia e per l'Europa». Menzione d'onore per Giuseppe Conte, leader del M5S: «A essere premiata è stata la linea di chi non ha mai avuto dubbi sulla pace, sulla difesa dei diritti sociali e sulla tutela dei più fragili». Lui fa categoria a parte: Alice nel Paese delle Meraviglie.

 

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