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Pd, l'ultima balla: autonomia e premierato figli del patriarcato, ledono le donne

Francesco Storace
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Se un giorno il governo facesse la lotta al fumo ovunque, l’opposizione arricchirebbe i tabaccai»: il pensierino viene dai social, uno sorride e pensa che finisca lì. E invece no, perché ormai il Pd si attacca a tutto pur di scatenarsi contro Palazzo Chigi. Abbiamo scoperto che l’autonomia differenziata e il premierato fanno male alle donne. A stupirci con un argomento assolutamente stravagante è una senatrice del Pd, Valeria Valente, che nelle riforme del governo è riuscita a trovarci un pezzo di patriarcato. Ohibò.

E così, domani, sperando che il caldo non faccia ulteriori danni, si potrà godere di tante chiacchiere presso la sala Zuccari del Senato, al grido di “Premierato e autonomia tra diritti, partecipazione e potere: quale prezzo per le donne?”. «L’iniziativa», si annuncia pomposamente «intende mettere in luce, tra gli altri aspetti, l’impatto negativo sulle donne delle due riforme volute dal centrodestra». Con ospiti d’eccezione: in particolare la professoressa Marilisa D’Amico, ordinaria di diritto costituzionale a Milano, che finora sull’autonomia differenziata ha espresso posizioni esattamente opposte a quelle del Pd, e immancabilmente, con gli altri oratori previsti, la segretaria del partito, Elly Schlein.

 

 

 

Ovviamente, non c’è traccia negli archivi del Nazareno di convegni del genere quando era Stefano Bonaccini a scrivere che «la Regione Emilia-Romagna punta ad ottenere maggiore autonomia legislativa e amministrativa per poter gestire direttamente, e con risorse certe, materie fondamentali per l’ulteriore crescita sociale ed economica dei propri territori, oltre che perla semplificazione delle procedure amministrative e dei meccanismi decisionali». Donne tranquille all’epoca. E non erano in pericolo neanche nel momento in cui era proprio la sinistra a imporre nella Costituzione della Repubblica l’Autonomia differenziata.

All’epoca le femministe modello Valente stavano beatamente in sonno. La senatrice in questione è una specialista nella caccia alle penalizzazioni delle donne. Recentemente si è distinta nella battaglia interna al Pd contro la candidatura della stessa Schlein al Parlamento europeo, perché “punitiva” per le preferenze indirizzate al genere femminile. Ma lo spettacolo straordinario, nel comunicato che annuncia l’iniziativa di domani, è rivolto a quel patriarcato che ancora fa sudare. Si insinua in « particolare nell’autonomia differenziata, «tra le più colpite potrebbero essere proprio le donne, che già scontano su di sé la sperequazione di potere dovuta alla società patriarcale. E tra le donne, le più colpite saranno quelle del Sud, che già ora sono meno occupate e godono di meno servizi».

Il nulla che diventa pensiero e azione del Pd. Il partito che non si accorge, ad esempio, dell’antisemitismo seminato a sinistra da quella gentildonna della scrittrice Cecilia Parodi – su cui la stessa Schlein non dice una parola – scopre però che c’è del patriarcato nella cessione di poteri dallo Stato alle regioni... Sul tema sarà interessante ascoltare in particolare proprio la professoressa Marilisa D’Amico, che è docente di diritto costituzionale e che ha pronunciato parole di tutt’altro tono rispetto ai metodi conflittuali del Pd. Nessun pericolo di arricchimento delle regioni del Nord a danno di quelle meridionali. «Questa legge», ha detto in un’intervista la D’Amico «attua l’articolo 116 terzo comma della Costituzione e prevede che su una serie di materie (23 in totale), le regioni possano chiedere speciali condizioni di autonomia. Su alcune di esse si possono anche richiedere condizioni più velocemente». L’idea di fondo è quella di un costituzionalismo alla spagnola. «A differenza invece del titolo quinto che è calato dall’alto come una camicia nei confronti delle regioni trattate tutte nello stesso modo dove ci sono alcune regioni che hanno sfruttato queste condizioni di autonomia in modo migliore e sono più virtuose di altre».

Di più, siamo in presenza di un federalismo cosiddetto «solidaristico e cooperativo», famoso in Germania durante la riunificazione. Queste, secondo la professoressa, sono le premesse. Premesse che lei vede «positivamente». Contro questa riforma diversi studiosi hanno subito messo in evidenza «possibili effetti sociali estremamente negativi». Criticità che D’Amico evidenzia fin da subito. «La criticità di cui si parla è che le regioni del sud avranno meno soldi e saranno costrette a spendere o aumentare le imposte o a tagliare i servizi». E questo è in parte vero perché ci potrebbe essere un rischio di impoverimento generale. Ma la professoressa cerca di mettere chiarezza fin da subito. «Questo in realtà è fugato dall’articolo 8 delle clausole finanziarie che esclude che le regioni che accedano all’autonomia possano trattenere il residuo fiscale». E ora chi glielo dirà alla Schlein?

 

 

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