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Roberto Gualtieri? Per il sindaco di Roma lavora una pro-Pal: "Hamas? li capisco"

Daniele Dell'Orco
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Ogni promessa è debito. Nelle stesse ore in cui la Commissione Segre si riuniva ieri per esaminare i sempre più numerosi episodi di antisemitismo, specie dopo il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, Libero ha indagato su un nuovo caso di ostilità spinta, per essere eleganti, nei confronti di Israele da sottoporre al segretario del Pd Elly Schlein. Che, recidiva, dopo aver assicurato lunedì sera, ospite di In Onda su La7, di poter «mettere la mano sul fuoco che nel Pd non si troverà alcun razzista e omofobo», ha suggellato il giuramento anche ieri sul Corsera: «L’antisemitismo è una forma di odio e di discriminazione che abbiamo sempre contrastato. Criticare il governo di estrema destra di Netanyahu e dire che anche i palestinesi hanno diritto a uno Stato dove vivere in pace e in sicurezza come gli israeliani non è antisemitismo».

Sfumature semantiche, come notano ormai da mesi illustri osservatori internazionali e come ha dimostrato ampiamente il caso di Cecilia Parodi che, dopo essersi nascosta per mesi dietro l’etichetta dell’anti-sionismo «che non è anti-semitismo», se n’è uscita con un video social in cui si confessava di odiare «tutti gli ebrei» e di volerli vedere «tutti impiccati per poterci sputare sopra». Parodi, grande protagonista del dossier di Libero di ieri indirizzato alla Commissione Segre, è attivista e scrittrice molto gradita al Pd che la ospita ogni volta che può. Certo, non è organica al partito, ma se tra tanti illustri analisti, teologi e politologi, i dem preferiscono dare la parola ad una che confessa di essere «innamorata di Sinwar» (nota a margine: Parodi ha deciso da qualche ora di rendere privati i propri profili social in seguito alle segnalazioni di commenti simili), qualche spiegazione il segretario del partito dovrà pur darla.

 

 

 

Assolutamente organica al Pd, invece, è Habiba Manaa, 34 anni, romana di nascita, cresciuta in Italia e di origini tuniso-egiziane, militante da anni dei Giovani Democratici prima e del Pd poi. Manaa collabora da tempo con l’attuale sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che quando è approdato in Campidoglio ha scelto di inserirla nel proprio Gabinetto con un ruolo di responsabilità nelle relazioni internazionali e nel dialogo interculturale. Lo staff del sindaco, bisogna precisarlo, viene composto a chiamata diretta.

Nel 2023 Manan accompagnava, con velo d’ordinanza, Gualtieri durante la sua visita alla Grande Moschea di Roma, per partecipare all’iftar, il pasto che interrompe il digiuno dopo il tramonto durante il ramadan. Idem poche settimane fa (solo con hijab) per la chiusura 2024 del mese sacro per i musulmani. Manaa fa parte della corrente dem di Peppe Provenzano, uno, per intenderci, che ritiene Israele «responsabile dell’escalation» in Medio Oriente, che fa pressing sul governo italiano affinché riconosca lo Stato di Palestina, e che ritiene che il governo israeliano guidato da Netanyahu sia «composto da ultra-nazionalisti, fanatici religiosi e fascisti dichiarati» e che l’operazione di terra israeliana a Gaza non sia altro che una «rappresaglia atroce».

 

 

 

Come il maestro Provenzano, anche Manaa è ferma nella condanna delle scelte del governo israeliano, posizione ancorché legittima e anzi rivendicata con orgoglio da Elly Schlein, Epperò, bisogna saper leggere tra le righe. Perché un conto sono le critiche, un conto sono le parole vergate da Manaa sui suoi social quando scrive che Netanyahu sarebbe un «nazista» e un «genocida». O quando sostiene anche di «non stupirsi» se i genitori dei bambini di Gaza «poi fanno i trerroristi».

O quando l’8 ottobre 2023, a pochissime ore dall’inizio dell’attacco di Hamas (ignorato), si preoccupa più di sottolineare come il mondo si sia «scordato i grandi casini» di Netanyahu nei mesi precedenti. Come a dire che, in fondo in fondo, qualche ragione per tagliare gole Hamas ce l’avrebbe. Manaa, contattata da Libero, ha preferito non commentare i post in questione. Ad ogni modo le posizioni, anche dialettiche, di Manaa, all’interno del Pd sono molto diffuse, similissime ai post del candidato lucano Raffaele La Regina e dell’onorevole trevigiana Rachele Scarpa. E sembrano persino moderate rispetto ai consiglieri municipali milanesi Alessandro Corti e Marta Nicolazzi che organizzano convegni pro-Hamas, o ai dem Lorenzo Pacini e Ludovico Manzoni che nella Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto preferiscono partecipare alle manifestazioni non autorizzate delle piazze pro-Pal. Di certo, mentre Schlein spergiura, la lista di intolleranti del Pd si allunga giorno dopo giorno.

 

 

 

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